Imposte

Detassazione da estendere a tutti i «cervelli» Ue

Agevolazione applicabile anche al rientro degli italiani (anche se non iscritti Aire)

I lavoratori, i datori di lavoro ed i professionisti impegnati con l’applicazione delle disposizioni contenute nel provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 3 marzo, relativo all’estensione del regime degli impatriati ai lavoratori rientrati prima del 30 aprile 2019, sono alle prese in questi giorni con una serie di importanti questioni interpretative da risolvere. In merito ai requisiti soggettivi, sia la norma che il provvedimento fanno riferimento alle persone fisiche che:

i) siano state iscritte all’Aire;

ii) oppure, siano cittadini di Stati membri dell’Ue.

Un’interpretazione letterale delle disposizioni in commento non pare di ostacolo all’inclusione, tra i soggetti beneficiari dell’estensione, dei cittadini italiani che non siano stati iscritti all’Aire, in quanto le predette condizioni sono alternative e nelle disposizioni in commento non si fa riferimento a cittadini di «altri Stati membri dell’Ue», bensì ai cittadini di «Stati membri dell’Ue», tra cui vi rientrano gli italiani. Inoltre, da un punto di vista sistematico, il comma 5-ter dell’articolo 16 Dlgs 147/15 (introdotto dal decreto Crescita 2019) riconosce l’agevolazione anche in mancanza dell’iscrizione Aire, con la conseguenza che la disciplina recentemente introdotta dalla legge di Bilancio 2021 per chi è rientrato prima del 2019 andrebbe interpretata alla luce dell’attuale quadro normativo includendo tra i beneficiari anche coloro che beneficiano della “sanatoria Aire” prevista dal comma in questione.

Peraltro, la mancanza dell’iscrizione all’Aire, oltre a non precludere la possibilità di dimostrare la residenza estera in base alle (sovraordinate) norme previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni, in alcuni casi specifici è prevista dalla legge. Si pensi al caso dei dipendenti di ruolo dello Stato in servizio all’estero e delle persone con essi conviventi (cfr. articolo 1, comma 9, legge 470/1988). In mancanza di un’apertura interpretativa da parte delle Entrate (che peraltro sarebbe in linea con la prassi più recente), al fine di non discriminare, in situazioni sostanzialmente identiche, i cittadini italiani rispetto ai cittadini Ue sarebbe opportuno un intervento del legislatore. In merito alle tempistiche per l’esercizio dell’opzione il paragrafo 1.4 del provvedimento fa riferimento al 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione.

Per «primo periodo» dovrebbe intendersi il periodo “ordinario” di durata dell’agevolazione, cioè quello a cui i beneficiari delle agevolazioni hanno diritto indipendentemente dal possesso dei requisiti che consentono l’estensione per ulteriori cinque anni (figli e acquisto di immobili residenziali).

Ad esempio, per chi è rientrato nella prima metà del 2017, il primo periodo termina con l’anno fiscale 2021, quindi l’opzione dovrebbe poter essere esercitata entro il 30 giugno 2022. Infine, sul tema del calcolo dell’importo una tantum da versare per garantirsi l’estensione (5% o 10% a seconda dei casi), le Entrate hanno già chiarito nell’ambito di Telefisco 2021 che il reddito cui fare riferimento è quello complessivo senza considerare l’abbattimento previsto dal regime premiale.

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