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Transfer pricing, la Corte di giustizia apre sui finanziamenti infruttiferi

La sentenza nella causa C-558/19 ammette le erogazioni gratuite infragruppo supportate da valide ragioni commerciali

di Diego Avolio e Benedetto Santacroce

La Corte di giustizia Ue è tornata di recente ad occuparsi della compatibilità della normativa sul transfer pricing con le «libertà fondamentali», in particolare la libertà di stabilimento, previste dal trattato Ue. Nella sentenza 8 ottobre 2020, causa C-558/19 (impresa Pizzarotti), i giudici di Lussemburgo hanno, in particolare, affermato il principio per cui la disciplina sui prezzi di trasferimento prevista in uno Stato membro comporta, in linea di principio, una restrizione alle libertà fondamentali ove sia applicabile soltanto alle operazioni con imprese non residenti (come nel caso pure dell’Italia). Tale restrizione può essere giustificata dall’obiettivo di garantire la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, sempreché sia «proporzionata» al raggiungimento di tale obiettivo e tale «proporzionalità» sarebbe garantita solo se il contribuente sia messo in grado, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali «ragioni commerciali» per le quali la transazione è stata conclusa.

La sentenza affronta una problematica di particolare momento, data l’attuale emergenza sanitaria Covid-19, ossia la possibilità di erogare finanziamenti infragruppo gratuiti per sostenere le proprie consociate. Nel caso affrontato dalla sentenza, una stabile organizzazione rumena di una società italiana aveva concesso dei finanziamenti alla «casa madre» senza applicazione di interessi.

La Corte di giustizia, nel solco della sua passata giurisprudenza, ha richiamato i principi già espressi con la sentenza «Hornbach-Baumarkt» (31 maggio 2018, C-382/16), in cui i giudici di Lussemburgo avevano affrontato un caso relativo a talune garanzie (lettere di patronage) concesse gratuitamente in ambito cross border (ancora prima, sentenza 21 gennaio 2010, causa C-311/08, Sgi, relativa a finanziamenti infragruppo gratuiti).

Rispetto alla sentenza «impesa Pizzarotti», nel caso «Hornbach-Baumarkt» la Corte di giustizia ha specificato che le “ragioni commerciali” che potrebbero condurre alla disapplicazione del corrispettivo possono anche essere relative alla «posizione del soggetto» all’interno del gruppo societario. Così, ad esempio, la prestazione gratuita di una garanzia potrebbe essere spiegata dall’interesse economico della “casa madre” al sostenimento della controllata estera, oltre che nella responsabilità come socio nel finanziare la partecipata. Successivamente alla pubblicazione della sentenza «Hornbach-Baumarkt», l’Amministrazione finanziaria tedesca ha aggiornato la propria prassi, specificando che le «ragioni commerciali» che potrebbero giustificare la conclusione della transazione a condizioni diverse da quelle di «mercato» sarebbero limitate ad evitare l’indebitamento eccessivo o l’insolvenza della controllata e assicurare la prosecuzione dell’attività della parte correlata e/o del gruppo.

La questione è stata pure affrontata dalla nostra Cassazione. In un primo tempo, la Suprema corte si era espressa a favore della tesi per cui la normativa sul transfer pricing non potesse applicarsi ai finanziamenti infruttiferi, essendo estraneo a tale schema negoziale lo stesso componente positivo di reddito da “misurare” (pronunce 27087/2014 e 15005/2015). Più di recente, la Cassazione ha rettificato la propria posizione e ha affermato (correttamente) che anche i finanziamenti intercompany infruttiferi rientrerebbero nell’ambito di applicazione della normativa sui prezzi di trasferimento (pronunce 7493/2016, 13387/2016 e 1102/2019). Salvo, appunto, verificare quanto questi possano essere giustificati da «ragioni commerciali» legittime anche in ambito cross border all’interno del gruppo.