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Ecobonus e mercato immobiliare: così gli interventi possono aiutare l’economia e l’urbanistica

L’agevolazione va integrata con politiche industriali e misure per favorire la qualità architettonica

di Rocco Curto (*)

Forse non si è data la giusta attenzione ad alcuni aspetti politici ed economici dell’ecobonus. La discussione è prevalentemente concentrata su alcuni nodi tecnici. Se però consideriamo il notevole impegno finanziario, è importante non perdere di vista le potenzialità e la necessità di provvedimenti integrati che potrebbero rafforzare l’efficacia delle misure. Pertanto è il caso fare una riflessione a tutto campo, anche con l’intento di verificare le potenzialità dell’ecobonus in termini di ricadute di natura economica e territoriale in una logica costi-benefici.

Un punto di forza dell’ecobonus è dovuto al fatto che rientra a pieno titolo tra le azioni del Governo volte a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici in corso in piena coerenza con gli obiettivi e i sub-obiettivi dell’Agenda 2030. Infatti, si persegue l’obiettivo di migliorare le performance energetiche degli edifici esistenti, responsabili di circa la metà delle emissioni annue di energia e di gas a effetto serra. Il patrimonio costruito ha un peso rilevante nel contribuire all’inquinamento atmosferico, sia pure in misura differente rispetto alle epoche storiche in cui gli edifici sono stati realizzati. Certamente il patrimonio più fragile dal punto di vista energetico è quello realizzato nella seconda metà del 900, nel corso della crescita quantitativa delle città, ben rappresentata dalle periferie urbane che oggi costituiscono le aree più vulnerabili anche dal punto di vista sociale.

Le emissioni sono riducibili, in parte, con gli impianti e le energie rinnovabili e, in parte, intervenendo sulle superfici opache e trasparenti delle facciate che costituiscono gli involucri edilizi. Gli interventi di “retrofit energetico” producono benefici ambientali certi, hanno effetti diretti sulla salute, hanno impatti sociali non indifferenti grazie alla riduzione dei costi dei consumi energetici (per le famiglie con un evidente vantaggio per gli strati più deboli) e, infine, migliorano il comfort abitativo.

Tuttavia, per massimizzare i benefici a fronte dei costi che graveranno sulla collettività, l’ecobonus dev’essere opportunamente integrato da altri provvedimenti in modo tale da rafforzare le ricadute economiche e produrre effetti significativi sulla qualità architettonica del patrimonio costruito nella logica della rigenerazione urbana sostenibile.

1. Gli effetti economici
L’ecobonus è di matrice keynesiana e ha un precedente importante nel Piano Ina Casa voluto da Amintore Fanfani. Il piano aveva un duplice obiettivo. Da una parte intenedeva rispondere ai bisogni di case e, dall’altra, voleva fare crescere la domanda aggregata di consumi interna dell’Italia sviluppando l’occupazione nel settore edilizio a elevato impiego di lavoro, facendo assumere di fatto al settore delle costruzioni residenziali una funzione propulsiva allo sviluppo economico in assenza di esportazioni.

L’ecobonus ha oggi una funzione anticongiunturale che comunque non potrà avere gli effetti del Piano Ina Casa, in quanto ci troviamo in un’economia globalizzata e in presenza di un settore delle costruzioni profondamente modificato, che subisce la concorrenza dei Paesi stranieri proprio per le forniture di impianti e componenti tecnologiche che hanno attinenza con i settori dell’energia e della domotica.

Se il Piano Ina Casa aveva avuto effetti rilevanti sia sull’occupazione sia sulla domanda interna generata nei confronti dei settori dei materiali da costruzione e degli impianti del Paese (con effetti moltiplicativi importanti rilevabili dalle tavole intersettoriali dell’economia), l’ecobonus avrà effetti sull’occupazione comunque più limitati e finirà per sostenere in misura significativa la domanda nei confronti delle imprese straniere appartenenti ai settori dell’energia e della domotica. Occorre pertanto rafforzare il ruolo anticongiunturale dell’ecobonus, integrandolo con politiche industriali e incentivi volti a supportare le aziende italiane che operano nei settori dell’energia e sono fornitrici di impianti.

2. La qualità architettonica
Gli incentivi fiscali concessi a pioggia non hanno avuto ricadute adeguate sul piano della qualità architettonica. Sono prevalsi gli interventi polverizzati su singole unità abitative, per lo più limitati alla sostituzione di caldaie e serramenti. Inoltre, si è ancora in attesa della svolta che potrebbe dare il cosiddetto bonus facciate, che costituisce uno strumento importante per ridare qualità architettonica al patrimonio che ne è particolarmente privo.

Gli interventi di retrofit energetico non possono separare le superfici opache da quelle trasparenti, ma devono avvenire in modo integrato sugli involucri edilizi per migliorare non solo le performance energetiche degli edifici esistenti, ma anche la loro qualità estetica-architettonica. L’ecobonus, insieme al bonus facciate e al bonus ristrutturazioni, deve perseguire l’obiettivo di riqualificare il patrimonio edilizio che connota le periferie urbane, nelle quali è maggiore il disagio sociale e abitativo.

Per essere efficaci, gli incentivi fiscali devono essere pertanto accompagnati da misure edilizie e urbanistiche locali, a loro volta premianti e incentivanti, che abbiano il coraggio di superare l’eccessiva rigidità delle norme urbanistiche e dei regolamenti edilizi, se si pensa anche solo alle prescrizioni limitative inerenti terrazzi e serre bioclimatiche.

È fuori di dubbio che gli incrementi di valore attesi in seguito agli interventi di retrofit energetico siano strettamente correlati non solo al miglioramento del comfort e alla riduzione dei consumi, ma anche - in misura rilevante - al miglioramento della qualità architettonica.

3. La qualità urbana e territoriale
La polverizzazione sul piano territoriale degli interventi fino a oggi realizzati grazie agli incentivi fiscali non ha prodotto alcun effetto nell’innescare i processi di rigenerazione urbana sostenibile. Il rapporto costi-benefici ha certamente risentito della mancanza di una qualsivoglia integrazione tra politiche nazionali e locali. L’ecobonus deve essere pertanto associato a misure che abbiano l’obiettivo di coordinare gli interventi sul piano territoriale, favorendone la concentrazione a livello di distretti e quartieri, così da favorire i processi di sostituzione edilizia rivolti a migliorare gli spazi pubblici aperti (soprattutto nelle aree maggiormente degradate e più vulnerabili sul piano sociale) e le forme innovative di welfare territoriale rivolte a compensare il maggiore disagio abitativo degli strati più deboli della popolazione.

Da questo punto di vista, occorre individuare modelli economici che siano innovativi nel rapporto tra pubblico privato, che tengano conto anche dei mutamenti strutturali del mercato immobiliare, in un giusto equilibrio tra convenienze private e pubbliche. L’ecobonus va dunque rafforzato a livello locale anche con premialità in termini di Slp (superficie lorda di pavimento), purché finalizzate a sviluppare i processi di rigenerazione sostenibile.

4. Retrofit energetico e convenienze economiche nei mercati immobiliari
I cambiamenti strutturali del mercato immobiliare in corso già prima della pandemia saranno amplificati dagli effetti che il Covid produrrà a livello economico e sociale. Valori e compravendite risentiranno dall’acuirsi della fragilità economica che già prima della pandemia accomunava quasi tutte le città italiane (a parte poche eccezioni). Da una parte, i cambiamenti demografici (riassumibili nell’invecchiamento della popolazione) e, dall’altra, il perdurare della crisi economica e l’acuirsi del gap tra strati sociali ricchi e poveri, già prima del Covid avevano prodotto il ribaltamento del rapporto tra domanda e offerta.

La sfida può essere sintetizzata:
- dal rischio sistemico cui il mercato immobiliare è soggetto, che si manifesta sotto forma di incertezza, a livello di sovra-sistema economico e finanziario, oppure a causa di eventi comunque non prevedibili, come il Covid;
- dal rischio specifico, legato al progetto/intervento, che è oggi particolarmente elevato se consideriamo il ribaltamento nel mercato tra domanda e offerta, la fragilità economica dei contesti territoriali ricorrenti eccetera.

Il rischio specifico implicito nei progetti può essere ridotto agendo sulle caratteristiche del prodotto secondo i principi del marketing operativo (domanda, prezzo/costo). Il rischio sistemico può essere ridotto solamente conoscendo i meccanismi di funzionamento del mercato immobiliare e prevedendone le domande potenziali e future. La conoscenza dei meccanismi di funzionamento del mercato e di formazione dei prezzi, dei comportamenti dei consumatori, e la previsione delle domande potenziali sono indispensabili per ridurre il rischio specifico negli investimenti immobiliari, agendo sulle caratteristiche del prodotto anche considerando il ruolo dell’innovazione dei modelli.

La conoscenza del mercato è fondamentale in quanto i cambiamenti strutturali in corso stanno riconfigurando le gerarchie territoriali e rendono sempre più palese il gap tra “aree territoriali forti” e aree territoriali deboli. Compravendite e valori immobiliari sono destinati a contrarsi (anche per effetto del Covid) nell’intero territorio nazionale, fatta eccezione per poche realtà, tra le quali Milano. In questa “congiuntura” negativa, l’ecobonus potrà avere effetti positivi anche nei mercati più fragili e poco dinamici. Infatti, i prezzi bassi della maggior parte dei mercati immobiliari del nostro Paese non sarebbero di per se stessi in grado di consentire gli interventi di riqualificazione energetica, in quanto i costi difficilmente potrebbero essere compensati dagli incrementi di valore.

L’ecobonus può dunque supportare i mercati immobiliari più marginali; può mitigare i processi di devalorizzazione in corso, sostenendo i valori patrimoniali dei piccoli proprietari immobiliari. È invece evidente che nei mercati immobiliari i cui valori sono più elevati o nei segmenti delle aree di maggiore pregio, gli interventi di retrofit energetico possono produrre incrementi di valore nettamente superiori ai costi, nella misura in cui intervenendo sugli involucri migliorano la qualità architettonica degli edifici esistenti.

(*) Professore ordinario del Politecnico di Torino, dipartimento di Architettura e Design