Controlli e liti

Compensazione di crediti non spettanti, la trappola dei termini raddoppiati per i controlli

La linea della Cassazione ribadita dall’ordinanza 24093 che concede otto anni per il recupero non distingue la differenza con i crediti inesistenti

di Alessandro Saini

L’ordinanza 24093/2020 della Cassazione torna ad esprimersi sul termine applicabile per il recupero della compensazione «non spettante» di crediti d’imposta, confermando la precedente ordinanza 19237/2017 nella quale la Suprema corte ha assimilato la compensazione «non spettante» alla compensazione di «credito inesistente», applicando ad entrambe il termine di otto anni per l’attività di recupero. Si tratta, tuttavia, di un’interpretazione che non si ritrova nel Dl 185/2008 e nella sua relazione illustrativa e che trascura la rivisitazione normativa apportata dal Dlgs 158/2015, che ha introdotto al comma 5 del modificato articolo 13 del Dlgs 471/1997 una espressa definizione di «credito inesistente», nettamente distinta dalla compensazione «non spettante».

Procediamo con ordine. Secondo l’articolo 27, comma 16, del Dl 185/2008, salvi i più ampi termini previsti in presenza dei reati di indebita compensazione previsti dall’articolo 10-quater del Dlgs 74/2000, gli atti di recupero ex articolo 1, comma 421, della legge 311/2004 per la riscossione di «crediti inesistenti» utilizzati in compensazione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Il successivo comma 18 - poi trasfuso nell’articolo 13, comma 5 del Dlgs 471/1997 - sempre per la compensazione di crediti inesistenti, ha poi previsto una sanzione dal 100% al 200% (200% qualora la compensazione sia superiore a 50mila euro).

La relazione illustrativa ha chiarito come entrambe le disposizioni (raddoppio dei termini e maggiorazione delle sanzioni) siano finalizzate a consentire all’Amministrazione una maggiore capacità di controllo, in presenza di comportamenti connotati da aspetti fraudolenti, riscontrabili solo a seguito di specifici riscontri di coerenza contabile tra quanto indicato nei modelli di versamento e le dichiarazioni, in molti casi omesse. Sono quindi situazioni nelle quali si verificano un’artificiosa costituzione del credito, un intento fraudolento e una condotta idonea a trarre in inganno l’Amministrazione, fattispecie che, nella maggior parte dei casi, non sono riscontrabili dal controllo delle dichiarazioni.

Le novità introdotte dal Dlgs 158/2015 si pongono in continuità con le precedenti disposizioni. Il nuovo articolo 13, comma 5 del Dlgs 471/1997 conferma, infatti, la sanzione maggiorata dal 100% al 200% per la compensazione di crediti inesistenti - sostanzialmente recependo il precedente articolo 27, comma 18 del Dl 185/2008 - cristallizzando a livello normativo che per «credito inesistente» si intende il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile dal controllo o liquidazione della dichiarazione. Il termine di otto anni per la notifica dell’atto di recupero previsto dall’articolo 27, comma 16 del Dl 185/2008 è pertanto intrinsecamente collegato alla compensazione di «credito inesistente» e al regime sanzionatorio maggiorato, entrambi disciplinati dall’articolo 13, comma 5 del Dlgs 471/1997.

La compensazione «non spettante» di un credito esistente rientra quindi nella disciplina sanzionatoria del 30% e, per coerenza, sottoposto agli ordinari termini di decadenza. La diversa portata delle due fattispecie non è del resto un caso isolato in quanto anche l’articolo 10-quater del Dlgs 74/2000 ne declina diversamente le conseguenze in ambito penale. Va evidenziato, peraltro, come la specifica disciplina dei «crediti inesistenti» e la relativa continuità normativa sia stata riconosciuta anche dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione 36/E/2018. È pertanto auspicabile un diverso orientamento della giurisprudenza di riferimento.

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