Controlli e liti

Sono pubblicità le scritte sulle auto della vigilanza

Imponibilità non esclusa dalla funzione di pubblica sicurezza

IMAGOECONOMICA

di Marco Ligrani

Le scritte apposte sugli automezzi di una società di vigilanza privata configurano sempre l’astratta possibilità di raggiungere un numero indeterminato di utenti e sono, per questo, assoggettate all’imposta sulla pubblicità. È questo, in estrema sintesi, il principio affermato dalla Ctr Emilia Romagna 353/7/2020 (presidente e relatore Parisi) la quale, riformando la sentenza di primo grado, ha escluso che la funzione di pubblica sicurezza dell’attività pubblicizzata possa escluderne l’imponibilità.
Raggiunta dall’accertamento emesso da un concessionario, con il quale si contestava il mancato versamento dell’imposta relativa alle pubblicità apposte sui propri automezzi di servizio, una società di vigilanza privata proponeva ricorso davanti alla commissione tributaria provinciale, contestando l’esistenza stessa del presupposto impositivo.
La Ctp, accogliendo la tesi difensiva, evidenziava come i contrassegni distintivi e il logo della società non rispondessero a una funzione volontaria di promozione pubblicitaria, ma fossero imposti dalla normativa sulla pubblica sicurezza (Tulps), al fine di rendere riconoscibili i propri veicoli sia ai cittadini, che alle forze dell’ordine.
Per questa ragione, i giudici di primo grado ne avevano escluso l’imponibilità, ma il concessionario impugnava la sentenza. In particolare, evidenziava come l’istituto di vigilanza privato avesse natura di società per azioni a scopo di lucro e che, pertanto, era lecito presumere come la finalità dei messaggi pubblicitari non fosse dovuta soltanto alle previsioni di pubblica sicurezza, ma sottintendesse un vero e proprio intento di tipo promozionale.
La società di vigilanza si costituiva in giudizio ma, questa volta, la sua tesi difensiva veniva respinta, sulla base di tre distinti argomenti.
1. Il collegio emiliano, facendo leva sulle fotografie dei mezzi che erano state prodotte in giudizio, aveva sottolineato come le pubblicità non si limitassero soltanto a rendere riconoscibili i mezzi (come ritenuto dalla commissione di primo grado), ma promuovessero la domanda e ne migliorassero l’immagine, precisando anche il recapito telefonico e l’indirizzo internet. Per questa ragione, non poteva dirsi che lo scopo dei messaggi promozionali fosse soltanto quello di ottemperare alle previsioni del Tulps, in quanto ci si prefiggeva di raggiungere il maggior numero di clienti.
2. Inoltre la Ctr ha fatto proprio il consolidato indirizzo di legittimità, in base al quale il presupposto impositivo va individuato nell’astratta possibilità che il messaggio pubblicitario possa raggiungere i potenziali utenti del servizio, per il solo fatto di trovarsi in un determinato luogo (Cassazione 31707/18). Secondo i giudici emiliani, infatti, gli automezzi sono visibili a un numero indefinito di possibili clienti, proprio perché destinati alla circolazione.
3. Infine, quanto alla dimensione, la commissione ha evidenziato che il messaggio pubblicitario superava – comunque - il mezzo metro quadro di superficie, che, in base all’articolo 17 del Dlgs 507/93, rappresenta la soglia massima di esenzione e, pertanto, anche per questo doveva confermarsene l’imponibilità.

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