Controlli e liti

Addetti a piattaforme estere: sì all’Irpef

ADOBESTOCK

di Alessandro Borgoglio

È soggetto a imposte sul reddito in Italia il cittadino residente che lavora come dipendente su una piattaforma petrolifera battente bandiera estera. È quanto si desume dalla sentenza 52/01/20 della Ctp di Cuneo (presidente Rivello, relatore Greco).
Il nostro ordinamento prevede all’articolo 3 del Tuir il worldwide taxation principle: l’Irpef si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti. In base al successivo articolo 51, comma 8-bis, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali. Fanno eccezione i lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera, per i quali continua a essere escluso dalla base imponibile fiscale il reddito derivante dall’attività prestata, anche se superiore a 183 giorni (articolo 5, comma 5, della legge 88/2001).
Nel caso in esame, il contribuente aveva lavorato per il periodo d’imposta in contestazione su una piattaforma petrolifera e non su una nave. Ma la piattaforma in questione era dotata di unità semisommergibile, che si muove e naviga in autonomia, tanto che l’Organizzazione marittima internazionale (Imo) l’ha registrata come vascello.
Per quanto concerne, invece, il presupposto di «lavoratore marittimo imbarcato su nave estera», anch’esso contestato dal Fisco ai fini dell’esenzione Irpef, il collegio di merito - Codice della navigazione alla mano - ha elencato i profili del personale marittimo, la cui qualificazione richiede un preventivo contratto di arruolamento, che deve essere stipulato per atto pubblicato, a pena di nullità, dinnanzi all’Autorità marittima. Dagli atti di causa, però, non emergeva che il contribuente fosse inquadrato ufficialmente in questo modo, per cui veniva a mancare il presupposto soggettivo.
I giudici hanno così condannato il contribuente al pagamento dell’Irpef, ma hanno annullato le sanzioni, perché ritenute sproporzionate, considerata la buona fede del contribuente, che si era prontamente attivato per fornire tutta la documentazione richiesta. Inoltre, i giudici hanno riconosciuto il credito d’imposta corrispondente alle tasse versate in Egitto, in relazione a tali redditi di lavoro dipendente (articolo 165, Tuir). Resta dovuto, invece, il versamento dell’Ivie e della sanzione per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (quadro RW) per la detenzione di immobili in Francia e in Usa, a cui il contribuente neanche si era opposto.

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