Adempimenti

Certificati di origine, resta necessario il timbro della Dogana per la validità

La circolare 2/D: dal 1° maggio gli operatori potranno stamapre in autonomia, salvo poi dover presentare il documento per far apporre il timbro conalbi e la firma del funzionario

di Benedetto Santacroce e Ettore Sbandi

I certificati di origine rilasciati dall’autorità doganale saranno richiesti dall’esportatore che potrà stamparli direttamente in house ed in autonomia, salvo recarsi in dogana per l’apposizione del timbro necessario per la loro validità. Con questa impostazione, la circolare 2/D/2021 dell’agenzia delle Dogane e Monopoli (Adm) tenta di risolvere l’ormai annoso tema del superamento dei certificati pre-trimbrati o pre-vidimati, che tuttavia saranno utilizzabili fino al 30 aprile 2021, ennesima proroga che l’autorità ha inteso concedere sul tema.

La soluzione, tuttavia, desta qualche perplessità perché, nella pratica quotidiana, i certificati di origine e di circolazione (Eur1, EurMed, Atr) sono impiegati in remoto, presso luoghi approvati anche molto distanti dagli Uffici ed in orari ove questi potrebbero non essere operativi. Se però, una volta emesso contestualmente alla bolla di esportazione, il certificato è compilato e pronto, esso deve essere timbrato dal funzionario preposto ed è probabile che i tempi di sdoganamento rischino inevitabilmente di allungarsi. Su questa tematica, se ben intesa, si auspica un ulteriore intervento dell’autorità.

Attualmente, infatti, i certificati sono rilasciati in bianco, già timbrati, agli operatori, che li impiegano nel corso della giornata in ogni momento. Adm ha inteso superare questo atipico e discutibile procedimento, tuttavia affrontando un rebus che appare di difficile soluzione: si potrebbe dire, forse, che la prassi della pre-vidimazione dei certificati potrà davvero superarsi con profitto per tutti solo quando saranno i certificati a sparire fisicamente, dematerializzandosi o in quanto sostituiti, come si ritiene preferibile, da un sistema globale di registrazione degli esportatori (ad esempio Rex).

Anche se la Dogana italiana, come annunciato, si sta muovendo per modificare proprio questo aspetto accordandosi con la Svizzera, l’intervento non sarà comunque risolutivo, vista la mole di Accordi vigenti e, su questo, la Commissione Ue dovrebbe farsi finalmente leader di un processo di revisione ormai ineludibile.

Tornando al procedimento attuale, però, si osserva che, con il nuovo sistema l’esportatore, direttamente o per il tramite del suo rappresentante doganale, richiede il Certificato di interesse compilando la casella 44 della bolla doganale, in tale momento impegnandosi con valenza di autocertificazione resa ai sensi del Dpr 445/00 della sussistenza dei presupposti e requisiti, previsti dai vigenti Accordi, che conferiscono il carattere di origine preferenziale unionale o dello status unionale delle merci come risultanti dai dati qualitativi e quantitativi riportati nella dichiarazione doganale medesima. Il sistema informativo Adm, dunque, genera il Certificato che viene registrato in un apposito archivio dell’Agenzia.

Il vulnus arriva, però, alla stampa, che gli operatori eseguono in autonomia, salvo poi dover presentare all’Ufficio dove è stata registrata la dichiarazione di esportazione il documento per l’apposizione del timbro conalbi e della firma del funzionario preposto.

Si potrebbe ulteriormente, ragionare, però, almeno su un sistema di affidamento degli operatori (ad esempio Aeo), snellendo le pratiche di timbratura che rischiano di rallentare le operazioni di export, soprattutto nelle ipotesi caratterizzate da difficoltà logistiche.

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