I temi di NT+Spazio imprese

Deducibilità degli oneri finanziari: la crisi rende necessario un ampliamento

In base alla direttiva Atad i vincoli possono rendere ulteriormente critica la posizione di molte società

di Patrizio Braccioni

In base alla direttiva Atad (direttiva 2016/1164 , alla quale si è conformato l’articolo 96 del Tuir) i limiti di deducibilità degli oneri finanziari possono rendere ulteriormente critica la posizione di molte società (di capitali) alla luce dell’attuale stato di crisi, dove i fatturati sono in contrazione e l’ indebitamento in crescita.

Gli effetti
L’effetto di oneri finanziari maggiori a fronte di risultati operativi lordi inferiori (l’articolo 96 del Tuir prevede che gli oneri finanziari che eccedono gli interessi attivi siano deducibili nell’esercizio nella misura del 30% del Rol) comporterà che i primi risulteranno, almeno temporaneamente, indeducibili con impatti negativi su conto economico e cash-flow.

In una situazione di crisi come quella attuale, il meccanismo risulta contraddittorio rispetto alle azioni governative, volte ad assicurare maggiore liquidità alle imprese, e l’identificazione di soluzioni semplici ed efficaci per limitare il problema pare un esercizio utile. Il mero allentamento del limite di deducibilità del 30% del Rol ci sembra una strada difficilmente percorribile perché questo limite è previsto dalla direttiva Atad e non sembra lasciare spazio a deroghe.

Le differenze
Riteniamo invece vi sia una soluzione diversa a favore delle imprese che non comporterebbe alcuna violazione del diritto comunitario, anzi, renderebbe la normativa italiana maggiormente conforme alla direttiva Atad. L’idea parte dall’articolo 4, comma 3, della direttiva che introduce il diritto degli Stati membri di prevedere una misura di oneri finanziari che possono essere resi integralmente deducibili e quindi non assoggettati al limite del 30% del Rol. Detta misura deve essere individuata discrezionalmente da ciascuno Stato fino a un massimo di 3 milioni di euro. Questa norma, definita un safe harbour (porto sicuro), è ispirata dalla volontà di «ridurre gli oneri amministrativi e di adempimenti delle norme senza attenuarne in maniera significativa gli effetti a livello fiscale» (considerando n. 8 della direttiva).

L’Italia è l’unico Paese in Europa a non avere introdotto questa previsione, laddove alcuni Paesi europei la hanno adottata anche nella misura massima consentita. Anche l’Italia può adottare una qualche misura di safe harbour, e l’intervento normativo sarebbe di sicuro effetto per i soggetti interessati.

Lo stock pregresso
Qualche ulteriore riflessione andrebbe fatta sul trattamento dello stock pregresso di oneri finanziari da dedurre negli esercizi successivi, e qui le soluzioni possono essere molteplici a seconda del loro ammontare, della fiscalità differita eventualmente già iscritta e degli effetti attesi sulla finanza pubblica.

In conclusione, quello che va comunque evidenziato è che non si tratta di richiedere aiuti straordinari, somme a fondo perduto o provvidenze di varia natura, bensì di utilizzare una leva economica e finanziaria già da tempo predisposta dal diritto comunitario.