Controlli e liti

L’interrogatorio a sorpresa non è inutilizzabile

La Ctr Emilia Romagna 663/4/2020 sulle dichiarazioni rese ai fini accertativi

di Alessandro Borgoglio

Sono utilizzabili ai fini accertativi le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società, in sede di contraddittorio con l’ufficio, quand’anche si sia trattato, di fatto, di una sorta di interrogatorio a sorpresa, in assenza del consulente fiscale. Il contribuente, però, ha tutto il diritto di rettificarle e integrarle. Sono queste le conclusioni a cui è giunta la Ctr Emilia Romagna, con la sentenza 663/4/2020 (presidente D’Orazi, relatore Ziroldi).

Il primo grado
Non è infrequente che l’agenzia delle Entrate, al fine di effettuare controlli “a tavolino”, convochi il contribuente affinché fornisca documentazione contabile e/o dichiarazioni ai fini dell’accertamento nei suoi confronti. Si tratta del cosiddetto “potere questionario” di cui all’articolo 32 del Dpr 600/1973.

Nel caso della sentenza in esame, il legale rappresentante di una società si era presentato in ufficio a seguito di un generico invito, dove era stato sottoposto - in base a quanto si legge nella motivazione della pronuncia - a un vero e proprio interrogatorio, senza l’assistenza di un professionista, nel corso del quale aveva fornito informazioni inevitabilmente imprecise, su cui si era successivamente fondato l’avviso di accertamento.

Per i primi giudici si era trattato di un contraddittorio asimmetrico, in quanto non preceduto dalla necessaria informazione dell’oggetto - ovvero non già la produzione di documenti, ma la richiesta di informazioni - e non accompagnato dall’avviso della facoltà di farsi assistere da un professionista.

Da tale violazione del principio di buona fede, valevole anche per l’ufficio, il collegio di primo grado ne aveva fatto discendere l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal contribuente in quella sede ai fini accertativi.

L’appello
Per i giudici regionali, invece, è utilizzabile qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, con due sole eccezioni:

- quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge;

- i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale (Cassazione 31779/2019 e 8605/2015).

Nel caso all’esame della commissione bolognese, l’invito a comparire personalmente presso l’ufficio era - secondo il collegio d’appello - corrispondente a una funzione tipica di accertamento. Che, poi, nel caso specifico, l’invito a comparire fosse stato utilizzato per acquisire informazioni in modo ritenuto capzioso non muta per il giudice i termini del problema, dal momento che: da un lato, nessuna disposizione contempla espressamente l’inutilizzabilità per il Fisco delle dichiarazioni in tale senso acquisite; dall’altro non si verte al cospetto della violazione di diritti costituzionali, come quello di difesa, mai invocato in sede amministrativa.

Peraltro, l’invito dell’ufficio non poteva costituire callido esercizio di captazione di informazioni, dal momento che è lecito presumere che il contribuente fosse pienamente a conoscenza della situazione dell’attività d’impresa, dovendosi escludere quindi l’inutilizzabilità di tali dichiarazioni. Tuttavia, alla fine, la Ctr Emilia Romagna ha comunque bocciato l’accertamento, perché le dichiarazioni erano state rese non in sede di verifica, con conseguente valore confessorio (Cassazione 31600/2019), ma in un diverso contesto, per cui erano suscettibili di rettifica e integrazione da parte dello stesso contribuente.

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