Imposte

Frode carosello, rileva la presenza di due società sponde all’estero

La presunzione può basarsi su tre tipologie di prove, secondo la Ctr Lazio 1385/13/2020

di Stefano Mazzocchi

In materia di frodi carosello, la prova può basarsi anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Tali presunzioni possono derivare: dai documenti acquisiti, anche presso soggetti terzi, nel corso della verifica fiscale; dalle modalità operative attraverso le quali la frode è stata posta in essere nell'ambito di una catena di fatturazioni; dalla presenza di missing trader (società cartiere) interposti fittiziamente e di fornitori compiacenti allo scopo di vendere sottocosto e recuperare margini positivi per effetto dell’omesso versamento dell’Iva. È quanto affermato dalla Ctr Lazio con la sentenza 1385/13/2020, depositata il 3 giugno 2020 (presidente Pannullo, relatore Miceli).

Tale pronuncia è in linea con l’orientamento assunto in materia dalla giurisprudenza di legittimità. Da tale impostazione consegue che in presenza di una dimostrazione fornita dall’amministrazione fiscale, grava sul contribuente la prova contraria (Cassazione 11873/2018, 18118/2016 e 25778/2014). Più recentemente (Cassazione 7693/2020), ha affermato che qualora il Fisco contesti una frode Iva (ad esempio un’indebita detrazione Iva di fatture relative a operazioni inesistenti) spetta all’ufficio fornire la prova che l’operazione non è mai stata posta in essere, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tale fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti (Cassazione 428/2015 e 9108/2012).

La fattispecie esaminata dai giudici tributari d’appello era caratterizzata dal tipico schema delle due società “sponde”, collocate in due Stati diversi ma gestita dalle stesse persone: la società A, con sede di Austria, si procurava le partite di beni provenienti in gran parte dal mercato italiano, svolgendo il ruolo di società “sponda” di primo livello, e fatturava alla società B, con sede in Romania, che svolgeva il ruolo di società “sponda” di secondo livello, ed «operava – si legge nella pronuncia in commento – il passaggio chiave della fatturazione della merce ai missing trader italiani».

Per la commissione tributaria regionale, il passaggio operato tra le due società “sponde” collocate in due Paesi diversi «serviva ad occultare la frode fiscale e far apparire che la merce (…) reperita sul mercato italiano non rientrava in Italia». Nel descritto meccanismo fraudolento, quindi, la società A accoglieva le fatturazioni emesse da fornitori esteri ed emetteva fatture prive di addebito Iva verso la società B; di conseguenza, si evitava che il fornitore estero entrasse in contatto diretto con gli operatori italiani fittiziamente interposti di tipo missing trader.

La sentenza in esame appare importante anche perché conferma il principio secondo cui «l'esclusione del reato non esclude l’illecito fiscale». In particolare, è stato ribadito che gli esiti dell’indagine penale conclusasi con un provvedimento di archiviazione, non sono rilevanti ai fini fiscali, «stante l’autonomia del giudizio tributario rispetto al giudizio penale». Anche sotto questo profilo, la pronuncia della Ctr è conforme all’orientamento tracciato dalla Suprema corte (2808/2020, 28174/2017, 10578/2015 e 19786/2011).

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