Professione

Agente sportivo, nuove chance per i consulenti legali e fiscali

Con il decreto che moltiplica la rappresentanza e apre la professione al mondo dei dilettanti sono in pole position avvocati e commercialisti. Ma la delega scade il 28 febbraio

di Adriano Lovera

Il tempo è agli sgoccioli per dare un nuovo inquadramento a una figura professionale affascinante, quanto complicata: quella di agente sportivo.

Scade infatti il prossimo 28 febbraio la delega con cui il Governo deve approvare lo schema di decreto relativo alla «Rappresentanza di atleti e di esercizio della professione di agente». Il testo non stravolge la professione, molti dei punti cardine restano uguali a oggi. Ma si tratta di un provvedimento che aggiunge elementi importanti, oltre a essere un passaggio atteso, dal momento che è a sua volta attuazione dell’articolo 6 della legge 86/2019.

L’attuale selezione

A livello di abilitazioni, non sono in arrivo modifiche evidenti. Già oggi non è semplice diventare agente abilitato. Occorre seguire corsi di formazione certificati dal Coni oppure lavorare in una sorta di “praticantato”. Dopodiché, bisogna superare una prova presso il Coni, il comitato olimpico nazionale, seguita da un secondo esame presso una federazione sportiva nazionale (come la Figc del calcio, la Fip della pallacanestro), in cui gli aspiranti agenti si misurano sul contenuto specifico della disciplina sportiva di riferimento. A livello di formazione, però, non è richiesta la laurea, basta il diploma di scuola secondaria di secondo grado.

Ma come in molte professioni ordinistiche, serve la formazione professionale continua.

L’ampliamento del mercato

«L’apertura al campo dello sport dilettantistico è la novità più rilevante» commenta Cesare Di Cintio, co-fondatore dello studio legale specializzato in consulenza sportiva Dcf Legal. Infatti, se oggi gli agenti possono occuparsi soltanto dei contratti degli atleti professionisti, adesso lo schema di decreto parla genericamente di “lavoratore sportivo”, ossia colui che riceve un corrispettivo a fronte della prestazione. E questo include anche quei calciatori o altri atleti ingaggiati attraverso un contratto di collaborazione sportiva dilettantistica. Inoltre, per “lavoratore sportivo” si intende non solo l’atleta, ma anche l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara, senza alcuna distinzione di genere.

Si tratta di un’apertura importante, che allarga di molto il campo di azione degli agenti e che va a ricadere anche sul calcio femminile, a prescindere che questo venga prima o poi riconosciuto come “professionismo”. Questa novità, inoltre, sembra prefigurare un sentiero particolarmente indicato per quei professionisti appassionati di sport, ma già in possesso di nozioni legali e tributarie, che volessero incarnare il ruolo di agente sportivo come attività secondaria, non per forza prevalente. Un’altra novità di rilievo riguarda l’età minima degli atleti. Se oggi, per esempio, la Figc prevede che si possa stipulare un contratto da professionisti solo a calciatori con almeno 16 anni di età, questo testo abbassa la soglia a 14 anni, non solo per il calcio ma per tutte le federazioni. «Un punto, invece, che resterebbe ancora da definire meglio nonostante il decreto, riguarda il rapporto tra l’agente e l’avvocato” aggiunge Di Cintio.

Il decreto conferma che in alcun modo all’agente sportivo vengono assegnate le competenze riservate all’avvocato dalla legge forense. Di contro, agli avvocati è permessa l’iscrizione al registro nazionale degli agenti sportivi, ma su questo il Consiglio nazionale forense aveva fissato un principio: ammessa la doppia iscrizione, a patto che l’attività di agente non «rivesta il carattere della continuità». A questo punto, però, la stessa relazione parlamentare che accompagna il decreto suggerisce che sia ancora da chiarire quali siano le attività in ambito sportivo precluse all’avvocato, quando non iscritto al Registro nazionale degli agenti sportivi.

Infine, un altro tassello che resterebbe invariato riguarda la struttura delle società di capitale che si occupano di management degli atleti. Viene ribadito che la maggioranza delle quote deve essere posseduta dagli agenti soci abilitati, una specifica che per ora chiude la porta all’arrivo di altri soggetti investitori, come ad esempio i fondi, che potrebbero mettere gli occhi su società di questo settore.

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