I temi di NT+Spazio imprese

Aiuti di Stato, alt al recupero se non c’è imposta dovuta

Secondo la Ctr Toscana 1715/2/2019 l’ufficio deve dimostrare l’effettiva indebita fruizione

di Luigi Lovecchio

In materia di recupero di aiuti di Stato illegittimi, l’ufficio deve dare prova dell’effettiva indebita fruizione del beneficio fiscale. In difetto di tale prova, il recupero va annullato. Se pertanto il contribuente dimostra che la dichiarazione dei redditi originaria correttamente compilata avrebbe esibito una perdita d’esercizio, senza dunque pagamento di alcuna imposta, non si è beneficiato di nessun aiuto di Stato, con conseguente illegittimità della pretesa azionata.

Il principio affermato, di notevole interesse generale, è contenuto nella sentenza della Ctr Toscana 1715/2/2019 (presidente D’Isa, relatore Paggetti).

La vicenda riguardava l’esenzione Irpeg e Ilor di cui godevano le società di capitali, a partecipazione pubblica maggioritaria, di gestione dei servizi pubblici locali rivenienti dalla “trasformazione” delle precedenti gestioni comunali. In particolare, in base all’articolo 66, comma 14, Dl 331/1993, in favore dei soggetti risultanti da questa trasformazione era prevista l’applicazione del medesimo regime fiscale spettante all’ente territoriale di appartenenza, per un periodo di tre anni. Poiché i Comuni sono sempre stati esenti da imposte sui redditi, la medesima esenzione era fruita dalle società di capitali nelle quali confluivano le gestioni comunali dei servizi pubblici locali.

Tale esenzione è stata tuttavia dichiarata illegittima della Commissione Ue, con decisione 2003/193/Ce, in quanto qualificata come aiuto di Stato incompatibile con le regole del mercato comune. Da qui, l’esigenza di procedere al recupero degli aiuti medesimi.

Nel caso specifico, la società interessata era stata invitata dall’ufficio a presentare, ora per allora, le dichiarazioni dei redditi riferite ai periodi d’imposta oggetto di esenzione, originariamente omesse, in virtù del disposto esonero totale da tributi.

La società procedeva pertanto a presentare le denunce in questione, salvo accorgersi, nella successiva sede contenziosa, di aver dimenticato di contabilizzare gli ammortamenti anticipati. Per questo motivo, venivano trasmesse delle dichiarazioni rettificative, nel corso del procedimento giudiziario.

L’ufficio eccepiva l’inammissibilità e la tardività di tale produzione documentale, rilevando che, trattandosi di ammortamenti anticipati, gli stessi avrebbero dovuto risultare, in base alla disciplina dell’epoca, da un accantonamento in apposita riserva, effettuato all’atto dell'approvazione del bilancio.

La Ctr ha disatteso le eccezioni dell’ufficio, sulla scorta di un duplice ordine di considerazioni. È stato in primo luogo osservato che, sulla base del consolidato orientamento di Cassazione (12895/2018), il contribuente ha sempre diritto a emendare la dichiarazione in sede contenziosa. Si è altresì argomentato che, non sussistendo ab origine un obbligo dichiarativo, la società non aveva, prima di allora, alcun interesse a evidenziare la posta degli ammortamenti anticipati, che quindi ben potevano essere fatti valere davanti al giudice.

In conclusione, poiché con la contabilizzazione degli ammortamenti anticipati il reddito imponibile risultava costantemente negativo, il collegio toscano ha accertato l’inesistenza della fruizione dell’indebita esenzione da imposte e con essa l’infondatezza del recupero dell’ufficio.