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Stabile organizzazione, a rischio i cantieri fermi all’estero per il coronavirus

L’Ocse include lo stop nei termini utili a determinare la durata del cantiere. Ma dovrebbe essere forza maggiore

di Davide Cagnoni e Angelo d'Ugo


Le società che operano all’estero mediante cantieri di costruzione, montaggio o installazione, sono tenute alla verifica degli impatti connessi alla sospensione delle attività in conseguenza della diffusione del Covid-19 e alle ripercussioni che l'interruzione dell'attività può avere in termini di individuazione di una stabile organizzazione all'estero.

Il tema è stato oggetto di analisi da parte dell’Ocse nel documento del 3 aprile 2020 «Oecd Sectretariat Analysis of Tax Treaties and the Impact of the Covid-19 crisis» con il quale (paragrafo 13) è stato rilevato che proprio in conseguenza del diffondersi della pandemia e delle conseguenti restrizioni alla mobilità di merci e persone, molte attività sui cantieri sono state temporaneamente interrotte.

Secondo l'Ocse, tuttavia, tale interruzione dovrebbe essere comunque inclusa nel calcolo dei termini utili a determinare la durata di un cantiere e, pertanto, influenzare l'individuazione di un cantiere come stabile organizzazione (c.d. construction PE), senza interrompere il periodo di permanenza di un'impresa all'estero.

L'indicazione fornita nel documento risulta in linea con il contenuto del commentario OCSE secondo il quale tutte le sospensioni dell'attività che rientrano nella normalità della gestione di un cantiere non hanno alcun effetto sul computo della durata del medesimo. A questo proposito, i chiarimenti contenuti nel paragrafo 3, punto 55 del Commentario Ocse all'articolo 5 del modello di convenzione, specificano infatti che un cantiere non dovrebbe essere considerato come cessante di esistere quando il lavoro viene temporaneamente sospeso ad esempio a causa della difficoltà di approvvigionamento di materiali o all'impossibilità di avvalersi di forza lavoro.

Tale conclusione risulta in verità difficilmente conciliabile con l'emergenza da COVID-19 che appare configurabile più come una causa di forza maggiore (lo stesso documento la descrive più volte come un evento di «natura straordinaria») che l'impresa non avrebbe in alcun modo potuto prevedere e va rilevato che già in passato ci sono stati casi in cui la giurisprudenza interna di un determinato Paese (Corte tributaria federale tedesca, sentenza 21 aprile 1999, IR 99/97) ha ammesso la sospensione del conteggio dei termini ai fini dell'individuazione di una stabile organizzazione per circostanze impreviste.

Appurato che la sospensione dell'attività causa Covid-19 sembrerebbe non influire sulla durata del cantiere, va ricordato che, in base al Modello Ocse, un cantiere costituisce stabile organizzazione se ha una durata superiore ai 12 mesi, che scendono a 6 mesi in base al Modello Onu. Di conseguenza le imprese sono tenute a verificare sia le caratteristiche dei cantieri attualmente situati all'estro sia le prospettive e le tempistiche dei medesimi, soprattutto se la durata degli stessi, sommando il periodo di sospensione dell'attività causa emergenza, rischia di superare i 12 mesi.

Ad esempio, se una società ha avviato un cantiere in un Paese estero il 1° ottobre 2019, lo ha interrotto il 1° marzo 2020 a causa delle restrizioni imposte dal governo locale per il coronavirus, e ha ripreso l'attività il 1° luglio, terminando il 1° dicembre 2020, lo stesso configurerà una stabile organizzazione tenuto conto che saranno passati 14 mesi dalla data di avvio del cantiere (1° ottobre 2019) e la data finale dei lavori (1° dicembre 2020).

In aggiunta a quanto sopra è opportuno ricordare che in base ai chiarimenti Ocse il cantiere inizia quando iniziano i lavori (compresi quelli preparatori quale l'apertura dell'ufficio progetti), ed è unico anche se dovesse spostarsi in quanto parte di un unico progetto (cosa che accade, ad esempio, nelle ipotesi di installazione di pipeline).