Imposte

La plastic tax cambia ancora: pagheranno anche i grossisti

Dogane e Mef lavorano a modifiche all'imposta di consumo sui manufatti

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Nel complesso lavorio di messa a punto delle priorità per il recovery plan e dei temi caldi per la prossima manora spunta anche una revisione della plastic tax. Un’operazione per rendere il prelievo italiano - destinato a entrare in vigore dal 1° gennaio 2021 dopo la proroga disposta a causa dell’emergenza Covid - più armonico e uniforme rispetto alle indicazioni già emerse o in via di elaborazione a livello comunitario.

Da un lato, infatti, la direttiva single use plastic (da receperire entro il 2021) metterà al bando diversi prodotti monouso e restringerà notevolmente il campo di utilizzo degli altri. Dall’altro, le conclusioni del Consiglio europeo straordinario di luglio hanno posto le basi per l’applicazione di un contributo nazionale calcolato sul peso dei rifiuti di imballaggi in plastica non riciclata pari a 0,80 euro per chilogrammo da applicare proprio a partire dal prossimo anno.

Messa giù così la plastic tax italiana sembra in una strettoia su cui manca ancora all’appello il provvedimento attuativo che dovrà delineare concretamente il prelievo da 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei Macsi (manufatti con singolo impiego). Anche per questo, proprio per evitare sovrapposizioni e duplicazioni che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri aveva dichiarato di voler superare all’indomani del Conisglio europeo, sia il Mef che le Dogane hanno avviato un tavolo di lavoro per modificare la nuova imposta di consumo cercando anche di risolvere i dubbi posti dalle associazioni di categoria delle imprese interessate. In realtà sono tre gli obiettivi da perseguire con un intervento legislativo da inserire nella prossima legge di Bilancio o nel decreto fiscale collegato: equilibrio della struttura dell’imposta coerente con il mercato; definizione univoca dei prodotti su cui applicarla; riduzione delle procedure e degli oneri amministrativi.

Proprio nell’open hearing promosso ieri dall’agenzia delle Dogane e Monopoli (si veda anche il servizio a pagina 31) è emersa la possibilità di ricostruire il percorso della tassazione allargando il campo dei soggetti tenuti al versamento, spostando la fase di immissione in consumo su tutta la catena logistica. In altre parole oltre al produttore pagherebbe anche il grossista. Ma non solo perché allo studio c’è anche l’ipotesi di includere gli esercenti dei depositi della grande distribuzione con cui, però, bisognerà ancora avviare il confronto. Resterà da chiarire chi sarà poi il soggetto concretamente obbligato in quanto dalle indicazioni fornite ieri emerge che «il trasferimento del prodotto (di plastica, ndr) tra i due soggetti non determina immissione in consumo e il relativo versamento dell’imposta». Naturalmente qualora eserciti anche l’attività di deposito della grande distribuzione o di magazzino all’ingrosso, il produttore sarà tenuto a versare l’imposta al momento della cessione agli esercizi commerciali.

Gli interventi dovrebbero spingersi oltre il profilo soggettivo per toccare quello oggettivo. Sempre da quanto emerso nell’incontro di ieri, si punta a un riesame dei manufatti su cui è dovuta l’imposta. Sotto la lente c’è la possibilità di escludere i semilavorati e di integrare il criterio identificativo in base alle funzioni svolte. In questo senso potrebbe, ad esempio, venire in “soccorso” un elenco analitico da riportare in un allegato specifico.

Sullo sfondo, però, ci sono da risolvere i dubbi posti dagli operatori e dai rappresentanti delle imprese anche in precedenti incontri. Tra questi l’assenza di metodi per distinguere tra plastiche vergini e quelle riciclate.

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