Crisi d’impresa, slitta di un anno l’obbligo di segnalazione alle Entrate
Proroga motivata dal rischio che un numero eccessivo di segnalazioni potesse essere effettuato anche nei confronti di soggetti potenzialmente beneficiari di interventi di sostegno
Il cantiere della Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Cci) continua ad essere oggetto di interventi normativi che ne vanno a modificare la struttura originariamente delineata dalla Commissione ministeriale presieduta da Renato Rordorf.
Il Cci è stato oggetto di un recente e corposo intervento di correzione che ha inciso su quasi tutti gli argomenti della riforma per il tramite del Dlgs 26 ottobre 2020, n. 147 in previsione dell’entrata in vigore del Codice a fare tempo dal prossimo 1 settembre 2012.
Tuttavia nel pieno della vacatio legis del Cci la vita delle imprese e dei consumatori è stata violentemente scossa da una pandemia di dimensioni tali da rendere per molti commentatori inverosimile una sua entrata in vigore per tale data, principalmente in relazione ad una delle misure di maggiore impatto e novità che è rappresentata dalle procedure di allerta, di cui, peraltro, l’entrata in vigore era già stata, in un primo tempo, differita dal 15 agosto 2020 al 15 febbraio 2021, mediante il decreto legge 2 marzo 2020, n. 9, poi abrogato dalla legge n. 27 del 2020.
Le procedure di allerta
Ora il legislatore, nel pieno della pandemia ha deciso di intervenire in tema di procedure di allerta, preso atto del fatto che il prolungamento delle restrizioni imposte per ragioni sanitarie avrà un impatto ancora più devastante rispetto a quanto già preventivato, tanto che da più parti si è parlato di oltre 100.000 imprese destinate a fare accesso alle procedure concorsuali con scarse prospettive, per la maggior parte di queste, di sfuggire dalla dichiarazione di fallimento.
È bene ricordare che le procedure di allerta costituiscono le fondamenta dell’intera struttura del Cci votato all’emersione tempestiva della crisi d’impresa.
Testimonianza di questa struttura è costituita, da un lato, dall’articolo 3 del Cci il quale prevede che «l’imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative» e, dall’altro lato, dall’articolo 12 il quale prevede che «costituiscono strumenti di allerta gli obblighi di segnalazione posti a carico» degli organi di controllo societari e dei creditori pubblici qualificati «finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore dal codice civile, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione».
L’intervento del Dl Sostegni
Lo schema di Dl Sostegni approvato dal consiglio dei ministri di venerdì 19 marzo interviene, all’articolo 5, comma 14, su specifica richiesta dell’agenzia delle Entrate, per posticipare di un anno gli obblighi di segnalazione posti a carico della stessa agenzia delle Entrate.
Dalla relazione illustrativa emerge che tale intervento è volto ad evitare, stante la perdurante situazione emergenziale, che un numero eccessivo di segnalazioni possano essere effettuate anche nei confronti di soggetti potenzialmente beneficiari di interventi di sostegno.
Allo stato, quindi, il Governo pare avere accolto tale richiesta sicché ha disposto di rinviare di un anno la decorrenza dell’obbligo di segnalazione previsto a carico dall’agenzia delle Entrate dall’articolo 15, comma 7, del Cci, la cui decorrenza è attualmente fissata, a norma del medesimo comma 7, con riferimento alle comunicazioni della liquidazione periodica Iva relative al primo trimestre dell’anno d’imposta successivo all’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa, vale a dire, come in precedenza evidenziato, a fare tempo dal 1° settembre 2021.
Dall’esame della relazione tecnica emerge poi che, a parere dei redattori, tale intervento di differimento della decorrenza dell’obbligo di segnalazione non comporterebbe effetti sul gettito.
I rischi dello slittamento
Su questo aspetto, però, il legislatore pare dimenticarsi del fatto che le procedure di allerta sono state disegnate anche allo scopo di evitare perdite alle casse dello Stato poiché è noto a tutti coloro che si occupano di procedure concorsuali che solo a seguito del risanamento dell’impresa è possibile per questa proseguire nella propria attività, pagando le imposte ed i tributi dovuti.
Laddove, invece, l’intervento di risanamento non sia tempestivo e la crisi diventi irreversibile trasformandosi in insolvenza e, quindi, si arrivi al fallimento dell’impresa, la possibilità dello Stato di recuperare i propri crediti diventa quasi nulla, il tutto con buona pace del gettito apparentemente non mutato.
In conclusione, perdurando la pandemia, la lunga scia lasciata dalla stessa sulle imprese tenterà senza dubbio il legislatore ad intervenire con ulteriori interventi di differimento, ma è chiaro a tutti che i problemi non trovano soluzione con il differimento dell’entrata in vigore di una norma perché tale scelta non fa altro che spostare in avanti il problema senza risolverlo, un po’ come l’imprenditore che nega la propria insolvenza e poi si vede "improvvisamente" dichiarato fallito.
Nicola Soldati
Dossier e monografie