Adempimenti

Miani: «Proroga, annuncio sul filo di lana con ancora tante incertezze»

Il presidente del Cndcec: resta il dubbio sull’estensione anche ai contributi

di Giovanni Parente

«Ringraziamo il Mef per il comunicato stampa arrivato nella serata di venerdì 13 marzo che preannuncia la proroga dei versamenti in scadenza lunedì 16 marzo. Spiace però che sia arrivato soltanto nella serata di venerdì dato che erano giorni che questa richiesta era stata formulata da commercialisti e mondo delle imprese». Il presidente dei commercialisti, Massimo Miani, si fa portavoce delle difficoltà di professionisti e imprese costretti, oltre che a fronteggiare l’emergenza coronavirus, a mettersi al lavoro sugli F24 per i versamenti di ritenute e Iva. In un quadro già molto complicato, «resta peraltro il dubbio sull’estensione della proroga anche ai contributi».

Il decreto legge ancora non c’è. Vi basta un comunicato stampa?
Il comunicato è stato sicuramente importante, ma riguarda solo le scadenze del 16 marzo. Adesso attendiamo il decreto ben consapevoli che occorre un forte intervento anche dell’Europa per venire incontro alle reali esigenze di famiglie, imprese e professionisti.

L’ipotesi di una proroga selettiva allo studio, come anticipato ieri dal Sole 24 Ore, la convince?
No, ci sono grandi e medie imprese che, nonostante non avessero l’obbligo, hanno deciso di chiudere autonomamente per difficoltà di gestione interna. Quindi non si può discriminare per volume d’affari. Peraltro ancor prima dei provvedimenti di chiusura disposti dal Governo c’era già stato un notevole rallentamento di quasi tutte le attività.

Come valuta la proposta di eliminare la maggiorazione dello 0,4% per il saldo Iva fino a luglio?
Mi sembra il minimo, rispetto ai sacrifici richiesti in questi giorni a tutti i contribuenti.

Sono molte le scadenze che si affastellano. È preoccupato?
Venerdì 13 marzo ho inviato una lettera al ministro Gualtieri per segnalare le difficoltà del nostro mondo a garantire un servizio che abbiamo sempre fornito anche in condizioni estreme. Gli studi presso i quali transitano il 75-80 per cento delle imprese italiane oggi sono in ginocchio, perché hanno strutture e spazi piccoli e non hanno possibilità di implementare velocemente lo smart working. Questa esperienza - quando ne verremo fuori - ci dovrà servire per fare un’analisi seria sulla fragilità del sistema Paese e su quante cose ci sono ancora da migliorare soprattutto sotto l’aspetto informatico. Più volte abbiamo chiesto norme e strumenti per consentire di fare crescere la nostra professione, ma purtroppo siamo rimasti inascoltati, anche se proprio nell’emergenza di questi giorni risulta ancor più evidente quanto sia importante il ruolo dei commercialisti.

Nella lettera ha chiesto anche una soluzione alla questione dei termini rimasti aperti su tutti gli atti impositivi. Quali sono gli effetti?
È un grave problema. È impensabile che non ci siano enormi difficoltà a rispettare i termini di impugnazione di atti e sentenze che stanno irrimediabilmente scadendo in questi giorni. Su questo i professionisti sentono la responsabilità di dove garantire al meglio il diritto di difesa dei propri clienti: cosa che oggi è indubbiamente negata.

La direttiva delle Entrate non poteva spingersi oltre?
Ci vuole un atto normativo. E bisogna farlo con estrema urgenza, così come abbiamo chiesto a inizio settimana insieme a Confindustria.

Sostegno ai professionisti colpiti dalla crisi. Può bastare l’ipotesi di un indennizzo una tantum?
No, perché nel momento in cui ci sarà crisi di liquidità noi non incasseremo più. Ci dovrà essere un’iniezione di denaro forte verso imprese e mondo delle professioni per far riprendere tutta la catena. Quindi in questo ambito stiamo ragionando insieme a tutte le altre professioni per formulare delle proposte. Una di questa potrebbe essere eliminare o ridurre la ritenuta d’acconto del 20% , che di fatto genera già oggi una perenne situazione di credito fiscale per molti professionisti.

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