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Cash flow tax, test immediato per il secondo acconto dei semplificati

La proposta Ruffini risponde all’esigenza di individuare un credibile calendario di scadenze fiscali

di Maurizio Leo

Il direttore dell’agenzia delle Entrate ha proposto un nuovo modello di versamento delle imposte dirette per imprese e professionisti basato sul criterio di cassa. La novità dovrebbe applicarsi a circa 4 milioni di soggetti: prima le imprese minori e i forfettari e, poi, la generalità di autonomi, professionisti e società personali.

La «cash flow tax» ricorda le ipotesi di tassazione del «reddito liquido» teorizzato in Italia e, per alcuni aspetti, i successivi Pas francesi, in vigore dal 2019. Essa ha certamente il merito di stimolare il dibattito sull’esigenza di una riforma complessiva e multilivello del nostro sistema fiscale. Negli ultimi tempi, infatti, si è proceduto per successive approssimazioni, con interventi confusi, asistematici, non rigorosi tecnicamente e, comunque, poco efficaci. Valga per tutti l’esempio dei decreti coronavirus: una miriade di provvedimenti di scarsa qualità normativa e con una certa attitudine a ricercare inutili complicazioni.

Ben vengano, dunque, proposte “di sistema” interessanti come quella del direttore Ruffini. D’altra parte, individuare un nuovo calendario definitivo e credibile delle scadenze fiscali, magari più scaglionato, è una evidente esigenza. Tempi di versamento certi e nessuna proroga last minute, salvo casi eccezionali: questa dovrebbe essere la regola. Si tratta, in altri termini, di ridefinire, all’insegna della semplicità, i cosiddetti tax day. È significativo che si parli di questo proprio nei giorni delle grandi polemiche fra il governo e i commercialisti, per la mancata proroga dei versamenti dei saldi e degli acconti di luglio. D’altra parte, il clima è stato ulteriormente peggiorato dal governo, che ha annunciato, a scadenza avvenuta, una linea soft sulle sanzioni per chi non ha pagato in tempo, lasciando l’amaro in bocca a chi, contribuenti e professionisti, ha rispettato le scadenze. Ma tant’è.

Torniamo alla proposta di Ruffini. L’idea di fondo della cash flow tax è chiara. Il principio ispiratore è quello giusto (semplificare) ma, come spesso accade, il diavolo è nei dettagli. Le questioni tecniche, infatti, non mancano.

Una prima perplessità, considerata la progressività Irpef, riguarda l’aliquota d’imposta da applicare mensilmente o trimestralmente a manifestazioni di reddito parziali e certamente inferiori al reddito annuale. Come verrebbe, poi, gestita la fase di transizione alla cash flow tax? A quali nuovi criteri sarebbe improntato il sistema dei controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria? Quali saranno le difficoltà che potranno incontrare i professionisti, visto il presumibile ampio aumento di adempimenti e versamenti?

Più in generale, il tema della giusta cadenza dei versamenti è il vero nocciolo della questione. L’obiettivo è quello di contemperare le esigenze dei contribuenti e dell’Erario; per i primi, l’auspicio è che un tale modello di versamento delle imposte, eviti aggravi finanziari e porti a una reale semplificazione degli adempimenti; dal lato dell’Erario va salvaguardata la continuità degli incassi, grazie ai quali vengono garantiti i servizi pubblici.

In ogni caso, in particolare per i professionisti, pare essere l’occasione giusta per risolvere l’annosa questione del versamento di ritenute molto gravose, perché calcolate sui compensi complessivi, rispetto al reddito che tiene conto di costi, spesso molto elevati.

Peraltro, allo stato ancora embrionale della proposta, non si comprende, appieno, la sua reale portata.

Tuttavia, nella logica della cash flow tax, non dovrebbero essere più rilevanti le esistenze iniziali e le rimanenze finali, i ratei e risconti e le altre partite relative a più esercizi, interessi, royalties, canoni e dividendi se maturati e non pagati o non incassati, le svalutazioni dei crediti e, in generale, tutte le componenti valutative.

Ecco, un sistema basato sulla tassazione del reddito liquido, ovvero un sistema di cassa “purissimo”, potrebbe essere la soluzione alla carenza di liquidità che è una delle eredità più pesanti del post-Covid. Si riuscirebbe, infatti, a trattare diversamente chi, in questa particolare congiuntura storica, dispone di liquidità sufficiente e chi si trova in una posizione di “tensione finanziaria”.

Perché, quindi, non iniziare sin da subito (magari dal già annunciato decreto agosto), superando, per i soggetti in regime di contabilità semplificata, l’attuale sistema (che è ancora un sistema misto cassa-competenza)?

Perché non permettere, in via opzionale, a tali soggetti, il ricalcolo dei secondi acconti dell’anno in corso in base ad un metodo di cassa “purissimo”?

E perché non valutare di portare a regime tale metodo, per gli stessi soggetti, dal 2021, con le cadenze dei versamenti ipotizzate dal direttore Ruffini?

Ovviamente, in entrambi i casi, bisognerà prevedere i giusti correttivi per evitare aggravi per i professionisti e gestire la fase transitoria (ad esempio, per “recuperare” poste pluriennali già contabilizzate in anni precedenti e con effetti sugli anni futuri).

Nella medesima logica di semplificazione va, poi, valutato un ulteriore allargamento del novero dei soggetti destinatari di aliquote flat, come già attualmente avviene per i forfettari.

Questa sì, sarebbe una parziale rivoluzione copernicana che eviterebbe le continue, indecifrabili ed inefficaci proroghe dei termini di versamento di questi ultimi mesi.

L’auspicio finale è che, anche a partire anche da questa proposta, possa strutturarsi una vera e complessiva riforma delle basi imponibili per tutti, nell’ottica, trasversalmente avvertita, dello sviluppo del Paese.

I tempi per una riforma fiscale sono ormai maturi: una riforma a cui partecipino le migliori energie tecniche e che venga sottratta a logiche puramente politiche e ideologiche. Insomma, una vera e propria riforma di sistema.