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Come ripensare gli incentivi alle aggregazioni

Con la riforma fiscale si dovrebbe cogliere l’occasione per rivedere la disciplina delle agevolazioni fiscali

La riforma fiscale – uno dei temi principali allo studio del nuovo Governo – pare per ora focalizzata sulla revisione della tassazione personale (la curva dell’Irpef e il sistema delle detrazioni). Si dovrebbe però cogliere l’occasione per rivedere la disciplina delle agevolazioni fiscali, con particolare riguardo all’obiettivo di rendere più adeguate in termini dimensionali le aziende italiane rispetto ai competitor internazionali. Si tratta di un tema importante, non a caso sempre al centro di “tentativi” di intervento normativo, su cui si gioca il ruolo della variabile fiscale come stimolo al comportamento degli operatori: la spinta delle agevolazioni fiscali per promuovere la crescita dimensionale delle imprese premiando le operazioni di aggregazione.
Attualmente abbiamo addirittura due norme agevolative che sono in vigore contemporaneamente, ma nessuna delle due ha la reale possibilità di funzionare concretamente.
Le disposizioni meno recenti (Dl 34/19, articolo 11) solo raramente danno un effettivo stimolo alla crescita: non solo perché premiano solo le unioni “pure” (meno frequenti), cioè quelle non precedute da operazioni di acquisizione di partecipazioni, ma anche perché il vantaggio consiste nel riconoscimento fiscale gratuito di poste dell’attivo, per un massimo di 5 milioni di euro, che daranno un beneficio tramite la deduzione dell’ammortamento: soprattutto quando i maggiori valori riconosciuti sono riferibili a marchi ed avviamenti, con una deducibilità fiscale diluita in un arco di tempo di 18 anni, il risultato diventa troppo poco significativo per essere di vero stimolo.
L’ultima nata (legge 178/20, articolo 1, commi 233-243) supera il primo problema, perché consente benefici anche alle operazioni in cui si acquisisce il controllo di una società e poi la si incorpora, ma si concretizza nel riconoscimento di un credito di imposta solo a fronte di perdite pregresse e di eccedenze di Ace non utilizzate. In altri termini, estremamente concreti: una aggregazione tra aziende sane (cioè senza perdite) per realizzare una vera crescita dimensionale non può beneficiare di questa agevolazione. Inoltre le regole introdotte prevedono limiti quantitativi che potrebbero rendere interessante la disposizione solo in presenza sia di componenti fiscali sia di asset patrimoniali di dimensioni rilevanti. Insomma, non è una norma studiata per stimolare la crescita delle medie aziende.
Se si vuole veramente contribuire alla crescita dimensionale del sistema imprese, bisogna resettare tutto e ripensare da zero una forma di beneficio. E se proprio non si riesce a staccarsi (come impianto e come struttura) dalle norme in vigore, almeno bisognerebbe prendere il meglio di entrambe fondendole in un’unica disposizione realmente efficace. Ad esempio si potrebbe introdurre un credito d’imposta anche per le fattispecie previste dal Dl 34/19, prevedendo importi di credito e tempistica di compensazione che rendano il bonus un beneficio interessante per ogni fattispecie di aggregazione, a prescindere dalla tipologia di bene su cui iscrivere un maggior valore. Ovviamente si dovrebbero agevolare anche le fusioni precedute da una acquisizione – come peraltro avviene nell’ultima normativa – escludendo solo le società facenti parti dello stesso gruppo o con precedenti rapporti di partecipazione significativi. In queste ipotesi l’unica attenzione potrebbe essere quella di obbligare la nuova struttura di controllo (che dovrebbe essere di matrice industriale) a mantenere una sostanziale stabilità dell’azionariato per un certo numero di anni al fine di evitare operazioni meramente speculative.
Infine, si potrebbe stimolare, nel contesto di queste operazioni straordinarie, l’immissione di capitali di rischio con ulteriori vantaggi fiscali per i soci sottoscrittori in modo da stimolare l’aggregazione di soggetti giuridici che dopo l’operazione non siano solo più grandi ma anche finanziariamente più solidi.