Contabilità

Deducibili gli ammortamenti 2020 non iscritti in bilancio

di Franco Roscini Vitali

La quota di ammortamento non imputata a conto economico è deducibile fiscalmente alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dagli articoli 102 (Beni materiali), 102-bis (Attività regolate) e 103 (beni immateriali).

La risposta dell’agenzia delle Entrate in occasione di Telefisco 2021 conferma il tenore letterale dell’articolo 60, comma 7-bis della legge 104/20.

Si deve fare attenzione perché, fatta salva la mancata imputazione a conto economico, le altre condizioni per la deducibilità sono immutate e restano quelle dettate dagli articoli citati.

Per esempio, i limiti massimi restano quelli del decreto 31 dicembre 1988, mentre per i beni acquistati ed entrati in funzione nel 2020 la deducibilità è ammessa nel limite del 50% del coefficiente previsto dal citato decreto.

La risposta delle Entrate sembra confermare, quantomeno indirettamente, che la deduzione deve avvenire in via extracontabile mediante variazione nella dichiarazione relativa all’esercizio 2020.

In particolare, non è consentito recuperare fiscalmente la quota di ammortamento non imputata nel conto economico 2020 in coda al processo di ammortamento: questo comportamento, che vorrebbe evitare la gestione del doppio binario e la conseguente contabilizzazione della fiscalità differita, non sembra consentito dalla norma di legge.

Altra risposta condivisibile, in materia di reddito d’impresa, riguarda la possibilità di rivalutare i beni detenuti in leasing e riscattati nel corso del 2020.

La norma di legge, letteralmente, prevede che i beni rivalutabili sono quelli che risultano nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 (e, ovviamente, nel bilancio 2020).

Qualcuno ha rilevato, senza dubbio con argomentazione sostanziale che per molti aspetti è corretta, che in base alle norme del codice civile (articolo 2427 n. 22) e del principio contabile Oic 12, Appendice A, i beni detenuti in leasing prima del riscatto sono iscritti nella nota integrativa che è parte integrante del bilancio.

In effetti è vero che questi beni sono nel bilancio, ma non nello stato patrimoniale, bensì nella nota integrativa che, per l’articolo 2423, comma 1, del Codice civile fa parte del bilancio.

La risposta delle Entrate è negativa perché sarebbero rivalutabili solo i beni di proprietà: pertanto la rivalutazione dei beni in leasing può essere effettuata solo se l’utilizzatore ha esercitato il diritto di riscatto entro l’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2019.

Il tutto troverebbe conferma anche nella previsione contenuta nell’articolo 2, comma 3, del decreto 162/01 in base al quale i beni si considerano acquisiti alla data del trasferimento del diritto di proprietà o altro diritto reale o della consegna con clausola di riserva della proprietà.

Le Entrate rammentano anche quanto già chiarito con la circolare 11/09.

La risposta, peraltro condivisibile nella forma, impone ancora una volta alcune considerazioni relative alla contabilizzazione dei beni in leasing nel bilancio dell’utilizzatore.

In effetti è la norma di legge, contenuta nel codice civile che deve essere cambiata, prevedendo, come avviene in molti paesi europei, l’iscrizione dei beni detenuti in leasing nell’attivo dello stato patrimoniale.

Non si può ignorare la sentenza della Corte di giustizia del 4 ottobre 2017 (causa C-164/16) che, seppure relativa all’imposta sul valore aggiunto, detta regole che si possono estendere al bilancio e all’imposizione diretta. Il dispositivo della sentenza prevede che «si considera cessione di beni e non prestazione di servizi l’oggetto di un contratto tipo di locazione con opzione di acquisto, qualora si possa dedurre dalle condizioni finanziarie del contratto che l’esercizio dell’opzione risulta l’unica scelta economicamente razionale che il locatario potrà fare, giunto il momento, se il contratto è stato eseguito fino al suo termine».

Queste conclusioni si possono senz’altro estendere alla contabilizzazione in bilancio dei beni in leasing che il legislatore ha dimenticato di aggiornare, come previsto nella relazione al Dlgs 139/15 che ha introdotto numerose modifiche alle norme contabili anche in applicazione della direttiva 34/13.

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