Professione

Sovraindebitamento e consulenza finanziaria, commercialisti in campo

Due nuovi fronti per i consulenti economici: l’assistenza ai privati in crisi e ai risparmiatori

Professionisti capaci di aiutare consumatori e piccole imprese ad emergere da situazioni debitorie cui non riescono più a far fronte oppure in grado di indirizzare i propri clienti verso il miglior investimento. Due attività opposte ma che entrambe gravitano nello spazio d’azione dei dottori commercialisti. Due opportunità per la categoria su cui si è concentrato di recente il Consiglio nazionale con corsi di formazione per gli esperti nella materia del sovrindebitamento - corsi andati esauriti - e con un documento ad hoc per chi, invece, intende specializzarsi nella consulenza finanziaria.

Aiutare i debitori

La crisi economica determinata dall’epidemia rischia di far aumentare in maniera esponenziale le persone che non riescono più a rispettare gli impegni contratti in momenti più favorevoli. E dietro l’angolo c’è il rischio di cadere in mano a usurai e strozzini.

Cresce quindi il bisogno di professionisti competenti che aiutino e indirizzino i propri clienti. Esperti nelle possibilità di utilizzare le strade offerte dalla legge 3/2012 (la cosiddetta legge antisuicidi) per trovare un accordo con i creditori e liberarsi dai debiti. Una chance accessibile a persone fisiche e piccole imprese non fallibili, fino a oggi però molto poco utilizzata: secondo gli ultimi dati del ministero della Giustizia, nel 2018, le procedure sono state solo 4391. «In questo periodo le richieste di accesso alla legge 3 crescono - dice Valeria Giancola, consigliere nazionale dei commercialisti delegata alle funzioni giudiziarie - poiché negli ultimi anni la propensione all’indebitamento è aumentata e sono molte le famiglie con un equilibrio economico precario: basta quindi un’interruzione dei flussi di reddito per diventare insolventi».

La soluzione delle crisi da sovraindebitamento richiede competenze ad hoc, anche psicologiche. Oltre ai debiti contratti con le banche (mutui o finanziamenti) ci sono i prestiti chiesti a parenti e amici, non facili da mappare. «Il debitore privato non ha nulla a che vedere con l’imprenditore fallito - spiega Felice Ruscetta, presidente del comitato direttivo della Fondazione Adr Commercialisti - . Non è un soggetto che ha messo in conto il rischio d’impresa. Servono professionisti capaci di farsi raccontare come sono andate le cose e poi di predisporre la relazione particolareggiata per il giudice».

Regole da rivedere

Scarsa conoscenza, ma anche difficoltà interpretative e meccanismi farraginosi hanno limitato fino a oggi il ricorso alla legge 3. Le modifiche contenute nel Codice della crisi che puntano ad allargare la possibilità di accesso alla cancellazione dei debiti (esdebitazione) e a evitare le differenze applicative determinate dalle diverse interpretazioni fornite dai tribunali a causa di norme troppo “generiche”, sono slittate dal prossimo 15 agosto al 1° settembre 2021, seguendo la sorte del Dlgs 14/2019. Da più parti sta arrivando quindi la richiesta di introdurre, già oggi, alcune delle novità del Codice. «Le modifiche alla legge 3 vanno fatte subito, per poter far fronte alle difficoltà che sorgeranno in autunno - dice Antonella Sciarrone Alibrandi prorettore dell'Università Cattolica -. La riduzione del Pil si rifletterà sul reddito disponibile di lavoratori dipendenti, imprenditori non fallibili e delle loro famiglie che, senza una normativa, rischiano di trovarsi vittime di condotte estorsive ed usurarie ». Fra le novità c’è, ad esempio, l’introduzione di procedure familiari che ridurrebbero tempi e costi e permetterebbe anche una maggiore soddisfazione dei creditori: la maggior parte dei debiti ha carattere familiare ed è quindi controproducente redigere, come succede oggi, due accordi separati, uno per il marito e l’altro per la moglie. Di rilievo anche la possibilità di far accedere alla procedura pure gli incapienti (una sola volta nella vita) e di allargarla alla cessione del quinto, oggi esclusa.

Consigliare l’investimento

I numeri sono piccoli: solo sei commercialisti iscritti alla sezione autonoma dell’Albo unico dei consulenti finanziari (si veda la tabella qui sotto). C’è, però, da considerare che l’Albo ha debuttato a fine 2018 e che la consulenza finanziaria non ha finora fatto parte del core business dei commercialisti. Si tratta, comunque, di un’opportunità professionale, come sottolineano Maurizio Grosso e Lorenzo Rech, entrambi consiglieri nazionali con delega alla finanza, nel recente documento messo a punto per illustrare le chance della consulenza finanziaria. «Fa parte del nostro mandato di consiglieri - sottolinea Rech - anche quello di esplorare le opportunità professionali nuove o meno battute e portarle all’attenzione della categoria. La consulenza finanziaria è una di queste».

Non è infrequente che nel corso della normale attività di studio il commercialista - in virtù del bagaglio di conoscenze proprio della professione e della condivisione con il cliente della situazione patrimoniale di quest’ultimo - fornisca consigli e assistenza anche di carattere finanziario, ma restando sul piano generale, senza spingersi a indicare, per esempio, quali titoli acquistare. «È bene sottolinearlo - afferma Rech - perché la consulenza finanziaria vera e propria presuppone che il commercialista sia iscritto alla sezione autonoma dell’Albo dei consulenti finanziari, ingresso che è subordinato al superamento di un esame e alla consapevolezza di doversi sottoporre alla sorveglianza della Consob. Il documento messo a punto spiega anche questo, senza alcuno spirito di contrapposizione con i promotori finanziari, che operano esclusivamente nell’interesse di una sola impresa di investimento abilitata e sono iscritti alla sezione dell’Albo riservata ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©