Controlli e liti

Il superamento di Equitalia non porterà sconti nella riscossione

di Andrea Carinci

Ci hanno già provato una volta. In principio, si ricorderà, si chiamava Riscossione Spa. Era questo infatti il nome scelto per la società a partecipazione pubblica (51% Agenzia delle Entrate e 49% Inps) destinata a subentrare, con il Dl 30 settembre 2005, n. 203, ai vecchi concessionari privati nella riscossione delle entrate pubbliche. Fu solo nel 2007 che si decise di cambiare il nome in Equitalia S.p.a., con l’intento fin troppo palese di addolcirne l’immagine con un nome fortemente evocativo. Il sarcasmo che accompagnò questa modifica è storia ma, evidentemente, certe lezioni non lasciano il segno.
È di questi giorni l’annuncio che Equitalia non vedrà il 2018. Un affermazione perentoria che ha scaldato i cuori, anche se non sono chiari né il percorso né gli obiettivi. Indubbio, invece, il valore mediatico di un simile annuncio che però – come appena detto – non è una novità.
È chiaro infatti che il superamento di Equitalia non potrà comportare anche il superamento, ossia l’abbandono, della riscossione coattiva delle entrate pubbliche. È inimmaginabile infatti che possa sparire l’espropriazione forzata e con essa il pignoramento, le ipoteche ed i fermi, ossia tutti quegli strumenti posti a presidio dell’esatta esazione dei crediti pubblici. E questo, per l’ovvia considerazione che, per quanto impopolare, un’attività di riscossione coattiva dei crediti pubblici resta necessaria per assicurare la tenuta complessiva del sistema. Per quanto possa funzionare la compliance, non può essere messo in discussione il messaggio che i crediti fiscali vanno comunque riscossi. Anzi, il funzionamento di modelli di compliance passa inevitabilmente per la deterrenza che può offrire solo un sistema efficace di riscossione coattiva, senza la quale l’intero sistema fiscale rischia di implodere.
Se non sarà Equitalia, quindi, sarà un altro soggetto che, anche con un nome diverso, dovrà comunque svolgere il medesimo compito e, con ogni probabilità, con le stesse modalità (ossia i pignoramenti e le misure cautelari). Modalità che potranno essere ritoccate ma che rimarranno comunque ispirate alla finalità che vi è propria di assicurare una pronta e sollecita esazione delle entrate pubbliche proprio nel caso in cui il debitore non presta la propria collaborazione.
A ben vedere la vera sfida è sulle modalità della riscossione coattiva piuttosto che sui soggetti incaricati di espletarla. E in questa direzione, occorre dare atto, sono stati fatti passi importanti, anche se, certamente, sono auspicabili ulteriori miglioramenti. Si pensi al sistema delle rateazioni e al successo ottenuto con il cambio di strategia che il loro potenziamento ha imposto nell’azione di Equitalia, per comprendere che questa è una strada che merita di essere perseguita e magari potenziata, ad esempio prevedendo a regime soluzioni che consentano di rimettere in termini soggetti decaduti. Al contempo, va sicuramente ampliata la possibilità di usare in compensazione i crediti vantati presso i soggetti pubblici mentre va rivisto il tema dei costi della riscossione (interessi ed aggio), che fanno lievitare in modo eccessivo i debiti. Ma, appunto, si tratta di modalità di azione che non toccano il soggetto. La verità, per banale che possa sembrare, è che la riscossione coattiva è un lavoro sporco ma necessario (e quindi qualcuno lo deve fare). Semmai dovrebbe far riflettere che prima dell’introduzione di Equitalia la riscossione non era avvertita come una questione sociale; e ciò non per Equitalia, bensì perché la riscossione coattiva funzionava poco e non destava particolari preoccupazioni. Non era un problema perché non creava problemi. Ma anche questo, va detto, ha contribuito non poco a minare la credibilità del sistema fiscale.

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