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Fotovoltaico e cumulo di incentivi, la perdita fiscale fa i conti con l’aliquota Ires

Il termine per aderire alla sanatoria scade il 30 giugno: le imprese adesso sono a un bivio

di Francesco Leone

Resta fermo al 30 giugno il termine per aderire alla sanatoria prevista dall’articolo 36 del decreto fiscale (Dl n. 124/2019), che consentirebbe alle imprese del fotovoltaico di mantenere il diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti per il fotovoltaico spettanti per il III, IV e V Conto Energia rinunciando, però, all’agevolazione fiscale cd. Tremonti-Ambiente (introdotta dalla dal comma 13 dell’articolo 6 della legge 388/2000 e abrogata a far data dal 26/6/2012).

Le ragioni della sanatoria
In assenza di chiarimenti sulla sanatoria, la ratio della stessa trova evidenza nella Relazione Illustrativa al decreto fiscale, in cui si segnala che l’obiettivo è identificabile nel “superare i numerosi contenziosi” sorti circa il cumulo tra la Tremonti-ambiente e i citati conti energia.

A dire il vero, però, la necessità di ricorrere ad una sanatoria trova origine più da una interpretazione fornita da Gse con il comunicato del 22/11/2017 (citata nella stessa Relazione) che dalla giurisprudenza o da incertezze interpretative di natura fiscale. Si ricorda che, con la Risposta n. 102/2019, l’agenzia delle Entrate si è espressamente dichiarata incompetente nella valutazione del cumulo tra i due incentivi, mentre la giurisprudenza tributaria di merito si è espressa per lo più in termini di ammissione del cumulo (in ultimo, Ctr Piemonte, sentenza n. 903/2/2019).

Una soluzione (definitiva) a tale dilemma (cumulo/non cumulo) sembrava esser stata fornita dalla giurisprudenza amministrativa (sentenze del Tar Lazio n. 6784 e n. 6785 del 29 maggio 2019), che ha affermato la possibilità di cumulo tra i due incentivi.

I dubbi di legittimità
Il citato quadro non è evidentemente bastato al legislatore, che ha proposto una sanatoria avallando l’interpretazione fornita dal Gse (come in passato già avallata dal Governo, si veda l’interrogazione a risposta in commissione 5-09403 del 12/12/2017). Da più parti sono emersi dubbi circa la legittimità della sanatoria, che sembra presentare limiti di costituzionalità in quanto retroattiva e irrazionale.

In particolare, viene contesta la circostanza che si stia continuando a considerare “incerta” una normativa che è stata già valutata dai giudici (Tar del Lazio), seguendo una interpretazione del Gse (peraltro sotto forma di “comunicato”), che non trova neanche avallo nella giustizia tributaria.

Il bivio per le imprese
Premesso ciò, le imprese che hanno fruito della Tremonti-ambiente sono ad un bivio: aderire alla sanatoria, restituendo le imposte indebitamente risparmiate, ma rinunciando ad ogni contenzioso esistente oppure non aderire alla sanatoria, proseguire il contenzioso e assumendo il rischio, in caso di soccombenza, di un esborso maggiore (per effetto delle sanzioni e degli interessi).

L’agenzia delle Entrate ha istituto il codice tributo (“8200”) da utilizzare per il versamento (Ris. n. 16/E del 31/3/2020), mentre il Provvedimento n. 114266/2020 del 6 marzo 2020 ha reso noto il modello di adesione (e le relative istruzioni).

I presupposti
La sanatoria presuppone che entro il 30 giugno 2020 sia inviata all’ufficio competente dell’agenzia delle Entrate in base al domicilio fiscale, esclusivamente tramite Pec, il modello citato e che siano versate le imposte, applicando l’aliquota Ires pro-tempore vigente alla variazione in diminuzione apportata nella dichiarazione in cui si è fruito dell’agevolazione.

È utile segnalare che qualche dubbio emerge nell’ipotesi in cui la fruizione dell’agevolazione abbia generato (in tutto o in parte) una perdita fiscale, poi utilizzata in un periodo d’imposta con l’aliquota Ires pari al 24%. In tale situazione sarebbe coerente “restituire” l’imposta effettiva e quindi applicare l’ultima aliquota anziché quella, più alta, vigente precedentemente.

Inoltre, alle imprese che hanno fruito dell’agevolazione, presentando delle dichiarazioni integrative con emersione di eccedenze di imposta tenute in sospeso per effetto del quadro di incertezza sopra descritto, dovrebbe essere consentita la compensazione con le somme dovute per la sanatoria, annullando così, senza un esborso, l’effetto dell’agevolazione stessa.