Imposte

Nei servizi infragruppo contestazioni Iva diaboliche

La Corte dà ragione all’Agenzia che nega la detraibilità dell’imposta, in contrasto con la norma dell’Aidc 205

L’Iva sui servizi infragruppo torna a fare discutere dopo che la Corte di cassazione, con la sentenza 3599/2020, ha statuito che la mancanza dei presupposti sostanziali, relativi alla prova dell’effettività e inerenza dei costi, renderebbe indetraibile l’Iva assolta, a prescindere dalla regolare effettuazione della “inversione contabile” e della neutralità dell’operazione.

Prima di essa si ricorda che la norma di comportamento dell’Aidc 205 aveva precisato che l’Iva assolta dal soggetto passivo residente, mediante il meccanismo della “inversione contabile”, dovrebbe sempre essere riconosciuta come detraibile, anche nel caso in cui siano contestati l’incongruenza della spesa o il comportamento antieconomico dell’impresa residente.

Ai fini della detraibilità dell’Iva, l’impresa residente sarà tenuta a dimostrare l’esistenza e la natura dei servizi acquistati, a fornire i relativi riscontri “giustificativi” e a provare che le relative spese presentano un nesso con le operazioni economiche compiute che danno diritto alla detrazione. Va detto che è sempre più frequente che le verifiche in materia di prezzi di trasferimento, iniziate ai fini delle imposte sui redditi, vengano estese al comparto Iva, laddove viene contestata la carenza del presupposto della “inerenza” dei costi sostenuti dall’impresa residente in relazione alla esecuzione dei contratti di servizio intercompany. Il rilievo elevato in queste circostanze ai fini Iva non fa normalmente riferimento alla disciplina sul transfer pricing, bensì al più generale requisito della “inerenza” della spesa; viene, cioè, contestato alla società di non aver provato in modo adeguato l’inerenza di dette spese rispetto all’attività dell’impresa.

A ben vedere, in questo modo verrebbero superati i noti limiti presenti nel sistema Iva per cui, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, non potrebbero trovare applicazione le disposizioni in materia di prezzi di trasferimento dal momento che, salvi i casi eccezionali previsti dalla normativa unionale e interna, ciò che rileva è il corrispettivo pattuito (e versato) tra le parti, a prescindere da qualsivoglia considerazione sulla “congruità” di tale corrispettivo (Cassazione 2240/ 2018). Va pure detto che la società residente verrebbe privata delle importanti “tutele” previste dal legislatore, visto che una contestazione sulla inerenza delle spese estesa al comparto dell’imposizione diretta non consentirebbe al contribuente di potere fruire della penalty protection, in caso di predisposizione della documentazione in materia di transfer pricing; ancora, la società residente non potrebbe fare ricorso alle procedure amichevoli convenzionali, ovvero della Convenzione arbitrale.

Per questo è corretto che le verifiche in materia di servizi infragruppo siano svolte facendo riferimento alla disciplina sui prezzi di trasferimento, che non potrebbe avere impatti sul comparto impositivo dell’Iva.

Nella sentenza 3599/2020 i giudici di legittimità hanno negato la detraibilità dell’Iva assolta sulle spese per servizi infragruppo per la lamentata mancata prova dell’effettiva utilità dei servizi resi e dell’effettività e dell’inerenza dei costi.

Per questo i giudici della Cassazione hanno fatto rinvio a un concetto di inerenza di tipo “quantitativo”. Le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione non sono condivisibili, dal momento che, nel sistema Iva, l’inerenza di un costo non potrebbe essere negata a meno che non sia dimostrata dal fisco la “macroscopica antieconomicità” della spesa. La stessa Corte, come detto, ha precisato che, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, sarebbe irrilevante che un’operazione sia compiuta a un prezzo superiore o inferiore al “prezzo normale di mercato” (Cassazione 2240/2018).

La presunta eccessiva onerosità della spesa costituirebbe un mero elemento indiziario dell’assenza di connessione fra il costo e l’attività di impresa. In ogni caso, l’onere probatorio sarebbe a carico dell’Amministrazione finanziaria.

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