Imposte

Tamponi Covid, cambiano le regole Iva dal 2023

Stop al regime di esenzione. L’aliquota ridotta al 5% sui beni-Covid è invece a regime, quindi si applica anche l’anno prossimo

Dal 1° gennaio 2023 le cessioni di vaccini e dispositivi per diagnostica Covid-19 perdono l’esenzione Iva. Il 31 dicembre scade infatti il regime speciale temporaneo, introdotto dalla legge di Bilancio 2021.

La direttiva Ue 2020/2020 ha dato la facoltà di adottare, per gli strumenti di contrasto alla pandemia, uno speciale regime Iva che prevedeva, alternativamente:

• un’aliquota ridotta;

• oppure l’esenzione senza pro-rata di detrazione.

Il regime si applica ai «dispositivi medico-diagnostici in vitro della Covid-19 e servizi strettamente connessi a tali dispositivi», ossia ai kit per tamponi e test sierologici. Per i vaccini Covid-19 è invece previsto solo il regime speciale di esenzione.

L’Italia aveva esercitato l’opzione prevedendo:

• fino al 31 dicembre 2022, l’esenzione Iva con detrazione a monte per le cessioni di vaccini 19 e dispositivi diagnostici per Covid-19, compresi i servizi strettamente connessi (articolo 1, commi 452 e 453, legge 178/2020);

• l’esenzione temporanea nel 2020 e, dal 2021, l’aliquota a regime del 5% sui cosiddetti «beni-covid19» utili al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica (n. 1-ter.1. della tabella A, parte II-bis, allegata al Dpr 633/72), tra i quali: ventilatori polmonari, mascherine, termometri, saturimetri, disinfettanti per mani, guanti monouso.

Dal 1° gennaio – in conformità con la direttiva Ue - cessa il regime speciale per vaccini, tamponi e test sierologici; l’Iva ridotta 5% sui beni-Covid è invece a regime, quindi si applica anche l’anno prossimo.

Attenzione ad inquadrare correttamente le prestazioni, per applicare il giusto regime Iva. Quelle che costituiscono cessioni di beni (ad esempio: vendita di kit monouso per autotest Covid) rientreranno nel regime dei beni-Covid, e sconteranno quindi l’Iva al 5 per cento. Ma l’elenco di tali beni è tassativo e non comprende i vaccini, la cui vendita – che avviene dall’industria al servizio sanitario nazionale (Ssn) - sarà quindi soggetta all’aliquota del 10% prevista per i farmaci.

Il corrispettivo per la somministrazione di vaccini e test diagnostici in farmacia sconterà invece l’esenzione Iva dei servizi sanitari (articolo 10, n. 18, del Dpr 633/1972), con applicazione del pro-rata di detrazione a monte. Per il committente (il servizio sanitario nazionale per le prestazioni convenzionate, i privati per quelle a carico del cittadino) non cambia il costo del servizio, che a fini Irpef alimenterà la precompilata come onere detraibile. Per le farmacie la quota di Iva che diviene indetraibile (se il fatturato esente supera lo 0,5% del totale) costituisce un costo di gestione, che comporterà una lieve contrazione del margine su tali prestazioni.

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