Adempimenti

Immobiliari e rivalutazione, la sfida dei ricavi minimi in Redditi per evitare le società di comodo

Confronto con la soglia del 6% per evitare la maggiorazione Ires con canoni di locazione in molti casi ridotti in base al mutato scenario dei prezzi di mercato

di Stefano Vignoli

Le rivalutazioni ex articolo 110 del Dl 104/2020 (decreto Agosto) entrano nei modelli Redditi 2022 anche ai fini della disciplina delle società di comodo: infatti il maggior valore dei beni è riconosciuto «a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita», ovvero dal periodo di imposta che si chiude il 31 dicembre 2021 per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare.

Molte imprese che hanno beneficiato della rivalutazione, in particolare società immobiliari, si trovano ora a dover confrontare la soglia del 6% di ricavi minimi necessari per non applicare la disciplina sulle società di comodo con canoni di locazione in molti casi ridotti in base al mutato scenario dei prezzi di mercato.

Le considerazioni riguardano esclusivamente chi ha effettuato la rivalutazione fiscale con imposta sostitutiva ridotta al 3 per cento. Per chi ha proceduto alla rivalutazione soltanto ai fini civilistici non emergono (ulteriori) criticità ai fini delle società di comodo in quanto i ricavi minimi continuano a essere calcolati sulla base dei valori storici.

La soglia di ricavi minimi non varia neanche per chi ha effettuato la rivalutazione, attraverso la tecnica della sola riduzione dei fondi ammortamenti: il costo dei beni non è variato e si continuano ad applicare le consuete percentuali che ricordiamo essere, per gli immobili (anche in locazione finanziaria), quelle previste dall’articolo 30 della legge 724/1994:

• 6% sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili;

• 5% per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10;

• 1% per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti;

Per i contribuenti che hanno invece adottato una tecnica di rivalutazione che comporti (anche) l’incremento del costo storico del bene, il modello Redditi 2022 dovrà invece fare i conti con i maggiori valori rivalutati.

In questo caso però, se l’immobile rivalutato è a destinazione abitativa, si potrà far riferimento alla percentuale ridotta del 4% in luogo del 6% per il 2021 e i due periodi di imposta seguenti, con ritorno al coefficiente ordinario del 6% nel 2024.

Niente cambia per le altre tipologie di immobile che continueranno ad applicare il 6% (o 5%) applicato ai maggiori valori rivalutati a partire dal 2021.

La riduzione della percentuale per gli immobili abitativi si può riflettere in una (temporanea) riduzione dei ricavi minimi in particolare quando l’incremento del costo storico non è percentualmente rilevante. Si pensi all’appartamento che ha un costo storico di 1.000.000 che, successivamente alla rivalutazione, viene aggiornato a 1.300.000: in questo caso i ricavi teorici scendono da 60mila a 52mila o, più precisamente, a 44mila in quanto la nuova percentuale viene applicata alla media triennale dei valori fiscalmente rilevanti (1.100.000).

Ci si potrebbe inoltre domandare se l’aliquota del 4% possa essere utilizzata anche per gli immobili abitativi la cui rivalutazione sia passata unicamente dalla riduzione del fondo di ammortamento: il contribuente ha effettivamente beneficiato della rivalutazione ma non si vede come possa utilizzare un coefficiente diverso avendo la stessa base imponibile.

La rivalutazione dei beni, in particolare quando viene incrementato il costo, incide inoltre su una delle principali cause di esclusione alla disciplina delle società di comodo («11»): maggiori valori e maggiori ammortamenti incidono infatti sulla pagella Isa e conseguentemente sull’accesso ai regimi premiali.

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