Controlli e liti

Per gli anticipi del Tfr deroghe in forma scritta

Gli accordi migliorativi stipulati fra datore e lavoratore devono essere ben documentati e con data certa, per evitare contestazioni

di Antonio Bernucci e Giorgio Gavelli

Negli ultimi anni, le crisi che hanno interessato la nostra economia hanno indotto frequentemente i lavoratori subordinati a chiedere ai datori di lavoro anticipazioni del Tfr, utilizzando la retribuzione differita per garantire maggior reddito disponibile alle proprie famiglie.

L’articolo 2120 del Codice civile vincola il diritto del lavoratore a ricevere l’anticipazione di Tfr a stringenti condizioni: la necessità di sostenere spese sanitarie; l’acquisto della prima casa; la fruizione di congedi parentali e formativi.

L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel rapporto di lavoro, con almeno otto anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda, e non può superare il 70% del Tfr accantonato.

Le parti del rapporto di lavoro subordinato, però, di comune accordo, possono prevedere la liquidazione anticipata del Tfr anche al ricorrere di condizioni diverse e più di una volta nel corso del rapporto: è lo stesso articolo 2120 del Codice civile, all'ultimo comma, ad ammettere deroghe migliorative per il lavoratore, introdotte dalla contrattazione collettiva (di qualsiasi livello) o anche individuale.

Su questi temi, e in particolare sulla non imponibilità contributiva delle anticipazioni di Tfr, ha destato un certo scalpore la sentenza della Cassazione 4670 del 22 febbraio 2021, che ha negato la natura di retribuzione differita (e il conseguente trattamento previdenziale di favore) a una anticipazione di Tfr, sostenendo che, in difetto di prova della deroga migliorativa (della quale è onerato il datore di lavoro), «l’erogazione monetaria al lavoratore non si sottrae all’obbligazione contributiva». I giudici di legittimità hanno fatto proprie le ragioni dell’Inps, che aveva contestato l’applicazione all’anticipazione delle tassative esclusioni contributive previste dalla legge 153/1969, negando la natura di trattamento di fine rapporto alle somme erogate, in mancanza sia delle condizioni previste dalla legge, sia di una prova concreta della deroga migliorativa individuale.

La pronuncia va contestualizzata al caso esaminato dalla Corte. Dottrina e giurisprudenza consolidate affermano da tempo, infatti, che l’unico limite all’eventuale favor concesso al singolo lavoratore è rappresentato dal rispetto del concorso tra gli aventi titolo per legge all’anticipazione: sono, quindi, sempre valide le clausole migliorative che ampliano il contingente annuo degli aventi diritto e quelle che accrescono la misura massima dell’anticipazione. Mentre la diminuzione dell’anzianità minima, la possibilità di reiterazione dell’anticipo e l’ampliamento delle causali vanno valutate nello specifico, per non alterare il concorso tra una pluralità di lavoratori aventi diritto. Il problema, nel caso specifico, è sorto perché (come emerge dalla pronuncia) le anticipazioni erano «non formalizzate né documentate».

Quindi, di fronte al rischio di un recupero contributivo da parte dell’Inps e di un lungo contenzioso, appare assai opportuno attribuire forma scritta al patto individuale in deroga, ed essere in possesso di documentazione, preferibilmente con data certa, che dia prova dell’accordo migliorativo sul Tfr.

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