Controlli e liti

Affitti, il comproprietario che si qualifica come unico titolare paga l’Irpef per intero

La Ctr Lazio dà torto a un contribuente che ha dichiarato e tassato solo la quota di reddito di locazione corrispondente alla propria percentuale di possesso

di Cristiano Dell'Oste

Il comproprietario di un immobile dato in locazione deve dichiarare al Fisco il canone complessivo, se si qualifica come «proprietario ed unico possessore». È quanto afferma la Ctr Lazio, sentenza 1733/2/2022, in un caso che sembra contraddire una vecchia prassi nel campo immobiliare.

In ballo c’è l’applicazione di quella norma del Tuir (il comma 2 dell’articolo 26) secondo cui, in caso di contitolarità, «il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto». Questo comma è sempre stato letto insieme a quello precedente, in base al quale «i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili». Da qui il leitmotiv secondo cui i comproprietari devono dichiarare il reddito di locazione “pro quota”, a prescindere dall’incasso. Tant’è vero che in passato si è posto il caso di contribuenti che non avevano dichiarato il canone corrispondente alla propria quota di possesso e si sono visti accertare dal Fisco la mancata dichiarazione degli importi.

La vicenda decisa dalla Ctr Lazio è opposta. Il 1° aprile 2013 un contribuente persona fisica, comproprietario al 50% di un immobile situato a Roma, stipula un contratto di locazione commerciale con una società, per un canone annuo di 27.600 euro. Poi nel modello Unico 2014 dichiara metà del reddito di locazione (13.800 euro). Dopodiché le Entrate – il 2 marzo 2018 – gli chiedono il pagamento dell’Irpef sull’intero canone di locazione «attesa la dichiarazione dell’interessata, qualificatasi quale proprietaria dell’immobile» (come si legge nella sentenza). Ne nasce un contenzioso che vede il contribuente sconfitto sia in primo che in secondo grado.

Le motivazioni

La decisione dei giudici laziali si basa – in sostanza – sulla pronuncia della Cassazione 3085 del 17 febbraio 2016. Lì i giudici di legittimità spiegano che la regola della tassazione «indipendentemente dalla percezione» vale solo per i redditi fondiari, intendendo come tali quelli “figurativi”, quantificati sulla base delle risultanze catastali. Al contrario, per i redditi di locazione è ammissibile una «autonoma imputazione (...) rispetto al titolo di reale di possesso ove ne risulti concretamente differenziata la percezione, non essendoci ostacolo alcuno ad attribuire il reddito derivante dalla concessione in locazione non solo in capo a soggetto del tutto diverso dal legittimo proprietario (in termini si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19166 del 15/12/2003) ma anche in capo ad alcuni soltanto dei comproprietari che risultino essere effettivi locatari e percettori dei redditi che dalla locazione derivano».

Un precedente di Cassazione, più sintetico secondo gli stessi giudici di legittimità, si può trovare nella sentenza 15171/2009.

I punti da chiarire

La vicenda, in realtà, non è così chiara. La sentenza della Ctr Lazio, purtroppo, si limita a dire che il contribuente si è qualificato come proprietario in una non meglio precisata «dichiarazione» resa dall’interessato. Difficile capire si cosa di tratti. Non sembrerebbe una dichiarazione resa ai funzionari del Fisco. Di certo non è il modello Unico, dove il contribuente appare correttamente come comproprietario. Forse i giudici si riferiscono al contratto: dalla sentenza si comprende bene che il contratto è stato stipulato da un solo contribuente, il quale potrebbe essersi lì qualificato come «proprietario ed unico possessore» del bene.

Ma, se anche fosse così, ci sarebbe comunque qualcosa da approfondire. La Cassazione, infatti, ricollega la tassazione all’effettivo incasso del canone, e il contribuente – nel proprio ricorso in appello – sostiene che non sia stata provata l’effettiva percezione dell’intero canone da parte del firmatario del contratto. Ma nella sentenza della Ctr Lazio non si menziona mai l’effettivo incasso (né in un senso, né nell’altro), mentre si dà gran peso alla «qualificazione» come unico proprietario.

Siccome i contratti firmati da un solo comproprietario sono piuttosto comuni, sarebbe utile sapere cosa c’era scritto nel contratto contestato. Dopotutto, lo stesso modello RLI per la registrazione ammette la possibilità di indicare tra i locatori un soggetto non presente nel contratto. Bisognerebbe perciò capire se nel caso specifico l’altro comproprietario era stato qualificato come locatore nel modello RLI, e se aveva dichiarato la propria metà di canone nel modello Unico.

Le spese

Da notare che i giudici laziali hanno condannato il contribuente a pagare le spese del giudizio. Ma forse, in un caso come questo, c’erano i margini per compensarle. Tra l’altro, a nulla è valso il riferimento del contribuente alla circolare 20/E/2012 (risposta 6), dove l’Agenzia afferma che «nel caso di un immobile in comproprietà, il contratto di locazione stipulato da uno solo dei comproprietari esplica effetti anche nei confronti del comproprietario non presente in atti che, pertanto, è tenuto a dichiarare, ai fini fiscali, il relativo reddito fondiario per la quota a lui imputabile».

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