Controlli e liti

Il solo coefficiente non basta all’«induttivo»

La sentenza della Ctr Puglia sulla dichiarazione del reddito d’impresa

di Alessia Urbani Neri

L’indicazione di un importo di rilevante entità, quale «altro componente negativo» del reddito, giustifica l’accertamento induttivo attivato dall’ufficio, che, però, è tenuto a considerare, in sede di rettifica del reddito d’impresa, la documentazione contabile offerta dalla parte contribuente, non potendo applicare altrimenti un generico ed indimostrato coefficiente di redditività. La presenza di scritture contabili, che documentano i costi esposti dalla società, non impedisce all’amministrazione di ricostruire l’andamento della gestione d’impresa.

La Ctr Puglia, infatti, nella sentenza 1172/1/2021 (presidente Ventura, relatore Aulenta) ha ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento induttivo per avere la società esposto in dichiarazione, sotto la generica voce di «altri componenti negativi», una somma consistente, superiore di ben quattro volte il valore delle spese per personale dipendente e per l’acquisto delle materie prime. Tuttavia, l’ufficio, nonostante l’esibizione di documentazione contabile, non ha disconosciuto tali importi, ma, nella rideterminazione del reddito, li ha considerati come «costi», applicandovi un coefficiente di redditività, che ha finito - nel caso concreto – per calcolare dette spese addirittura come componenti positivi del reddito. Ciò che, quindi, il Collegio contesta non è tanto l'attivazione dell’attività di controllo da parte dell’ente impositore, quanto l’applicazione di un indiscriminato coefficiente di redditività, che sarebbe giustificabile solo in caso di impossibilità di verifica delle voci di bilancio.

Ora, è noto che ai sensi dell’articolo 109 del Dpr 917/86 ( Tuir) il costo è deducibile in quanto effettivamente prestato e, quindi, sia certo e determinato (articolo 109 comma 1 Tuir) ed inerente (articolo 109, comma 5). Esso va dedotto solo se effettivamente eseguito e connesso non tanto ad una precisa componente del reddito, bensì ad una attività idonea a produrre utili. Deve cioè trattarsi di una spesa correlata all’esecuzione della prestazione, dovendo essere precisa nel suo ammontare e congrua con i ricavi esposti in bilancio ed in dichiarazione, oltre che riferita all’attività commerciale svolta dall’impresa.

È, infatti, opinione comune in giurisprudenza che «I costi, per essere ammessi in deduzione quali componenti negativi del reddito di impresa, debbono soddisfare i requisiti di effettività, inerenza, certezza, determinatezza (o determinabilità) e competenza» (Cassazione 18210/21).

Non può, quindi, escludersi la deducibilità di un costo, che, seppure considerevole e non imputato ad uno specifico valore produttivo, non sia stato contestato dall’ufficio quanto ad effettività ed inerenza, praticando ad esso un coefficiente di redditività, che finirebbe per comportare l’applicazione di una «sanzione impropria».

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