Professione

Equo compenso in vigore per 1,6 milioni di professionisti

Al via per le nuove convenzioni e i bandi della Pa. Da aggiornare i parametri (tranne che per avvocati e progettisti) e sanzioni deontologiche

di Valentina Maglione e Valeria Uva

Sono 1,6 milioni i professionisti italiani chiamati ad applicare l’equo compenso. La legge è entrata in vigore sabato 20 maggio, ma di fatto è oggi il primo vero banco di prova della nuova normativa, pensata per garantire ai professionisti un compenso equo e proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto.

Per delimitare la platea potenziale di applicazione della legge 49/2023 si può guardare agli ultimi bilanci approvati dalle Casse di previdenza dei professionisti, che riportano il numero degli iscritti attivi a dicembre scorso. In tutto 1,590 milioni, con punte di 240mila avvocati e di 209mila tra medici e dentisti liberi professionisti, senza contare peraltro gli agenti di commercio dell’Enasarco. Ma la cifra comprende tutte le altre professioni sanitarie, nonché 92mila architetti e 82mila ingegneri, tra gli altri. A questi va sommato il mezzo milione di professionisti (la stima è del Colap) delle professioni non regolamentate (dall’amministratore di condominio al tributarista, ad esempio) a cui pure la legge si applicherà nel momento in cui saranno definiti i parametri, ovvero i compensi di riferimento che sono una assoluta novità per questo eterogeneo mondo.

Dall’altra parte si stima una platea di 78mila soggetti: 27mila Pa e 51mila aziende medio grandi con più di 50 lavoratori o 10 milioni di fatturato che da oggi dovranno applicare compensi equi nei rapporti con i professionisti. Questo perché le norme sull’equo compenso non operano verso tutti i committenti, ma solo verso quelli ritenuti più “forti”.

IL PERIMETRO

In attesa che tutti i tasselli mancanti per rendere pienamente operativa la legge 49 arrivino, si può cercare di capire che cosa è già scattato.

Un primo impatto immediato è verso la Pubblica amministrazione, a cui la legge si applica in qualsiasi nuovo incarico affidato a un professionista, mentre per le aziende occorre attendere il rinnovo delle convenzioni. Da subito dovrebbero di fatto scomparire i bandi di servizi «a titolo gratuito» pubblicati da qualche Comune e persino dal Mef in questi anni. Anche se il Codice appalti, in arrivo dal 1° luglio, li ammette ancora per casi eccezionali.

Molto più complesso applicare il resto delle norme. Per quanto riguarda i parametri, solo quelli di avvocati e progettisti di opere pubbliche sono aggiornati. Per altre categorie deve ancora essere finalizzato il lavoro di revisione e copertura di voci nuove mancanti. È il caso dei commercialisti, i cui parametri di riferimento sono contenuti nel decreto ministeriale 140/2012, comune a più professioni: «I parametri vanno rivisti a prescindere dall’equo compenso – spiega Pasquale Mazza, componente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti – perché datati e carenti dal punto di vista quantitativo e qualitativo; ad esempio, non considerano le attestazioni e le asseverazioni. Il Consiglio nazionale ha approvato un nuovo testo e l’ha inviato al ministero della Giustizia in due versioni: una di revisione del decreto 140 e l’altra strutturata in modo da avere un decreto dedicato solo ai commercialisti. L’interlocuzione è iniziata e contiamo di procedere in fretta», ma i passaggi necessari richiederanno comunque alcuni mesi.

Un altro fronte da aprire, per gli Ordini, è quello della revisione dei Codici deontologici, in cui vanno inserite norme per sanzionare chi conviene compensi non equi. Un obbligo che ha fatto discutere, come ricorda il Consiglio nazionale forense in una nota inviata agli Ordini locali, perché espone i professionisti alla responsabilità disciplinare, ma che, secondo lo stesso Cnf, in realtà può essere un supporto: il rischio di sanzioni, si legge nella nota, «può costituire valido argomento per sottrarsi a clausole inique».

Per i professionisti senza Albo non c’è invece a monte un tema di deontologia. E sui parametri si parte da zero: i primi dovrebbero arrivare in 60 giorni, quindi a fine luglio. Ma si chiede la presidente del Colap, Emiliana Alessandrucci: «Chi si prenderà l’onere di decidere i parametri di riferimento? Quale sarà il criterio per fissare i parametri a un mondo, quello dei non ordinistici, estremamente eterogeneo?». Per la presidente di fatto la norma così come è scritta «è inapplicabile, siamo in attesa di una legge emendativa su cui si era impegnato il ministero del Lavoro».

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