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Terzo settore, obbligo di certificato penale per l’attività lavorativa a contatto con minori

La richiesta non scatta per il volontariariato in linea con il nuovo sistema ordinamentale del Terzo settore

Sport e Terzo settore, l’obbligo del certificato penale spetta per i lavoratori con contatti con minori. A partire dal 2014, è scattato l’obbligo per i datori di lavoro di richiedere il certificato del casellario giudiziale per il lavoratore impiegato in attività organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori (articolo 2 del Dlgs 39/2014 che introduce l’articolo 25-bis del Dpr 313/2002). Un adempimento di derivazione Ue previsto allo scopo di contrastare il fenomeno dello sfruttamento di minori e che interessa tutti coloro che svolgono attività che coinvolgono gli stessi. Vale a dire anche la generalità degli enti non profit ed enti del Terzo settore (Ets) che operano, ad esempio, nei settori dello sport e dell’istruzione e formazione.

Rapporti di volontariato

Da notare come, a livello soggettivo, è lo stesso ministero del Lavoro a fornire chiarimenti circa l’ambito applicativo. Tale onere riguarda infatti solo i rapporti di lavoro costituiti a far data dal 6 aprile 2014, siano essi di carattere subordinato o di natura autonoma (circolare ministero del Lavoro 11/2014). La platea dei soggetti interessati non è, in ogni caso, onnicomprensiva. Interessa cioè soltanto quei lavoratori le cui attività professionali implichino contatti necessari ed esclusivi con minori. Si pensi, ad esempio, agli istruttori che svolgono corsi sportivi per bambini e ragazzi o, ancora, agli insegnanti di scuole pubbliche o private. Con la precisazione che resterebbero escluse dall’adempimento quelle figure dirigenziali preposte a sovraintendere l’attività svolta dall’operatore diretto che avrebbero un contatto solo occasionale con i destinatari della tutela.

Attività di volontariato

Discorso diverso, invece, ove l’attività svolta con i minori sia di volontariato e non lavorativa. In quest’ipotesi, sarebbe escluso, a dire dello stesso ministero l’obbligo in capo agli enti non profit di richiedere il certificato penale ai propri volontari posto che si tratta di rapporti diversi rispetto a quelli di lavoro in senso stretto. Una precisazione, quest’ultima, che si pone senz’altro in linea con il nuovo sistema ordinamentale del Terzo settore, ove il legislatore introduce un puntuale disciplina al fine di distinguere la figura del volontario da quella del lavoratore:

1. la prima individua colui che presta a titolo gratuito la propria opera a favore dell’ente;

2. la seconda invece colui che svolge l’attività a fronte di una remunerazione.

Sul punto, va tuttavia considerato che gli elementi distintivi del volontario del Terzo settore sono la gratuità, il divieto di remunerazione e non anche l’occasionalità della prestazione. In altri termini, la qualifica di volontario spetta anche a coloro che svolgono la propria attività in modo non occasionale per l’ente (articolo 17 Dlgs 117/2017).

La non occasionalità

Ciò posto, resta da chiarire se tale adempimenti del certificato penale possano coinvolgere anche quei volontari che, nell’ambito della loro attività, abbiano contatti diretti e continuativi con minori. Se infatti l’intento è quello di prevedere l’onere del certificato penale in capo a tutti coloro che hanno contatti con occasionali con i minori, dovrebbero poter rientrare nell’obbligo in parola anche i volontari non occasionali. Un’impostazione, questa, che sembrerebbe chiarire la formulazione adottata dal legislatore del 2014, che ricomprende nell’onere sia le persone che svolgono attività professionali sia quelle «volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori» (articolo 25-bis, comma 1, del Dpr 313/2002).

Si pensi, ad esempio, a una coop sociale che svolga attività di assistenza sociale a favore di minori con disabilità. In quest’ipotesi, l’obbligo del certificato penale scatta con riguardo a tutti gli assistenti sociali che lavorino con contatti diretti con i minori. Resta invece il nodo se siano esclusi o meno dall’onere i volontari che prestino attività nell’ente a favore dei minori con carattere continuativo.