Contabilità

Per le operazioni sul capitale la leva «atipica» degli Sfp

di Mario Notari

Nati nel 2003, con la riforma del diritto societario, gli “strumenti finanziari partecipativi” (Sfp) di cui all’articolo 2346, comma 6, del Codice civile, si sono progressivamente affermati nella prassi societaria.

L’estrema duttilità ed elasticità sono le caratteristiche che li hanno resi molti utili in situazioni di diversa natura. Essi hanno così soddisfatto le esigenze delle società che intendono riconoscere una forma di partecipazione ai risultati dell’attività d’impresa, in termini sia patrimoniali, sia amministrativi, senza aprire le porte del capitale sociale a soggetti terzi. È il caso, ad esempio, di società finanziarie o di consulenza che tramite gli strumenti finanziari partecipativi (Sfp) hanno assegnato una partecipazione agli utili e alcuni diritti amministrativi a collaboratori e partner non ancora “maturi” per entrare nell’azionariato della società.

Per lo stesso motivo, essi sono stati talvolta utilizzati per dar forma a operazioni di finanziamento “mezzanino”, con garanzie inferiori rispetto ai finanziamenti senior, ma con una significativa capacità di ingerenza e di vigilanza nella società finanziata.

Nelle operazioni di ristrutturazione del debito delle imprese societarie in situazioni di crisi — non tali da condurre al fallimento — gli Sfp offrono variegate soluzioni per convertire il debito in equity, senza tuttavia attribuire azioni e senza incidere necessariamente sulla posizione di controllo della società. Si è così assistito a un uso abbastanza diffuso degli Sfp come “moneta di scambio” per alcune categorie di creditori – spesso del ceto bancario – a fronte della rinuncia del loro diritto al rimborso delle somme finanziate e al conseguente ripianamento della situazione debitoria della società in crisi. In questo modo, infatti, i creditori non vedono semplicemente stralciato il proprio diritto di credito, convertito, invece, in uno strumento che, benché non azionario, attribuisce una serie di diritti patrimoniali e amministrativi. In particolare, essi possono vantare un privilegio nella partecipazione ai risultati dell’impresa (utili e riserve), in modo da soddisfare le aspettative economiche derivanti dall’iniziale operazione di finanziamento, senza alterare le quote di capitale sociale e dei voti in assemblea.

Ma cosa sono esattamente gli Sfp? Non sono azioni, che riflettono l’investimento in capitale di rischio della società, né obbligazioni, che rappresentano la figura tipica di titolo di debito. Sono dunque una terza figura di strumenti finanziari che possono emessi dalle Spa, aventi un contenuto per così dire atipico e variabile, lasciato cioè all’autonomia della società emittente, il cui statuto determina di volta in volta le tipologie di apporti richiesti ai sottoscrittori degli Sfp, unitamente ai diritti ad essi spettanti.

I numerosi interrogativi che sorgono nell’interpretazione di questo istituto sono oggetto di una serie di “massime” del Consiglio notarile di Milano, che verranno presentate nel corso di un convegno in programma a Milano domani.

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