Imposte

Dividendi ante 2018, fisco al 26% per delibere pagate dopo il 2022

Posto all’Agenzia un quesito sulle riserve di utili pagate in diverse tranche. Il regime transitorio è vincolato alla distribuzione entro il 31 dicembre

di Stefano Barone e Alessandro Saini


La direzione centrale Persone fisiche, Lavoratori autonomi ed Enti non commerciali dell’agenzia delle Entrate, in una recente risposta (non pubblica) a seguito di interpello presentato da una società con partecipazioni qualificate detenute da persone fisiche, ha precisato che per tutti i dividendi erogati a partire dal 1° gennaio 2023, seppure deliberati entro il 31 dicembre 2022, dovrebbe essere applicata la ritenuta a titolo imposta o l’imposta sostitutiva del 26 per cento.

Secondo l’interpretazione restrittiva fornita dall’Agenzia, il regime transitorio disciplinato dall’articolo 1, comma 1006, della legge 205/2017 per le distribuzioni di utili a persone fisiche derivanti da partecipazioni qualificate in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e deliberate entro il 31 dicembre 2022, richiede che anche l’erogazione dei dividendi avvenga entro il termine del 31 dicembre 2022, in applicazione del principio di cassa.

Nell’istanza presentata, la società ha rappresentato che parte delle riserve presenti in bilancio è composta da utili formatisi precedentemente al 31 dicembre 2007 e che il cda intende convocare una o più assemblee entro il 31 dicembre 2022 per deliberare la distribuzione in tutto o in parte di tali riserve, anche allo scopo di permettere ai soci di beneficiare del menzionato regime transitorio.

Trattandosi di somme di importo complessivamente elevato, per le quali è necessario in capo alla società adoperarsi per disporre della relativa provvista finanziaria, l’istante ha chiesto all’Agenzia se il menzionato regime transitorio fosse applicabile qualora le riserve di utili in questione fossero poste in pagamento ai soci in diverse tranche da ripartire su più anni, per cui anche oltre il 31 dicembre 2022.

L’Agenzia ha negato tale possibilità con un percorso argomentativo che non pare tuttavia del tutto convincente. In particolare, nella risposta fornita, l’Agenzia richiama in primo luogo quanto indicato nella risoluzione 56/E/19 nella quale, in conformità alla relazione illustrativa, si dà atto che il regime transitorio previsto dal comma 1006 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018 deriva dalla volontà di salvaguardare, per un periodo limitato (dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022), il regime fiscale degli utili formati in periodi d’imposta precedenti rispetto all’introduzione del nuovo regime fiscale.

Fatta tale premessa, l’Agenzia conclude che «l’individuazione normativa dell’arco temporale di vigenza del regime transitorio e l’applicazione del suddetto principio di cassa porta a ritenere che per i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2023 relativi a partecipazioni qualificate si applica la ritenuta a titolo imposta o l’imposta sostitutiva nella misura del 26%».

Tale conclusione pone dubbi. Il chiaro riferimento alle delibere di distribuzione di utili da effettuare entro il 31 dicembre 2022 non sembra infatti consentire una interpretazione estensiva secondo una logica di cassa. La disposizione transitoria circoscrive infatti l’ambito temporale unicamente alle delibere di distribuzione senza porre alcuna limitazione con riferimento alla effettiva distribuzione dei dividendi.

Tale conclusione si ritrova anche sulla base di una interpretazione logico-sistematica della disposizione transitoria la quale, come indicato anche nella relazione illustrativa, intende conservare agli utili formatisi prima della entrata in vigore della legge di riforma lo stesso trattamento fiscale (ossia l’imponibilità parziale) che gli utili stessi avrebbero avuto se gli utili fossero stati distribuiti nel periodo di formazione e non in un periodo successivo. In questo senso, l’effettiva erogazione del dividendo dovrebbe pertanto assumere un ruolo secondario.

Non si può inoltre non evidenziare come, in presenza di riserve di utili formati fino al 31 dicembre 2017, un diverso trattamento in funzione della capacità della azienda di ottenere le risorse finanziarie necessarie a consentire la distribuzione dei dividendi entro il 31 dicembre 2022 originerebbe una ingiustificata discriminazione.

L’interpretazione dell’Agenzia costringerebbe inoltre le aziende a rivedere i piani finanziari. Un ripensamento sarebbe auspicabile.

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