Controlli e liti

Rischio contenzioso con incentivi agli avvocati

di redazione Norme e tributi

Una sorta di punitive damages alle vongole. Con effetto moltiplicatore sul contenzioso che riguarda le imprese. Il testo della class action che ieri pomeriggio è stato approvato dalla commissione Giustizia della Camera e che lunedì arriva in Aula introduce nell’ordinamento giuridico italiano un istituto tipico dei Paesi di common law, in particolare degli Stati Uniti, quello che, in caso di riconosciuta responsabilità extracontrattuale, irrobustisce la liquidazione oltre il risarcimento del danno subito.

La formulazione prevista impone all’impresa condannata il pagamento di un compenso di natura premiale al rappresentante comune della classe, all’avvocato di chi agisce in giudizio e ai difensori degli attori nelle cause riunite emersi come vincenti. Una mazzata per le imprese, certo, che potrebbe però anche incentivare in maniera significativa l’utilizzo dell’azione di classe.

Troppo astratto? Può soccorrere allora un esempio, a suo modo “classico”: il dieselgate, con un’impresa come Volkswagen nel mirino. Se si potesse applicare alla vicenda quanto stabilito nel disegno di legge il compenso per il difensore e il rappresentante comune sarebbe di almeno 1.350.000 euro ciascuno, aumentabili dal giudice sino al 50 per cento. Il calcolo tiene conto, sulla base delle informazioni disponibili, di una vicenda che potrebbe comportare la condanna al rimborso del 15% del prezzo di acquisto del veicolo (prudenzialmente stimabile in 4.500 euro) e che gli aderenti, secondo l’associazione dei consumatori interessata, saranno almeno 30mila. Questi ultimi, con un risarcimento medio di 4.500 euro ciascuno, determinano un valore di causa pari a 135 milioni euro; per questi valori, la misura del compenso premiale è pari all’1%, per un importo di 1.350.000 euro.

E ieri anche su questo punto è intervenuta Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, contestando «la scelta di imporre alle imprese il pagamento di un compenso “premiale” agli avvocati quando la causa va a buon fine, scelta che evoca il concetto dei danni punitivi».

In termini generali, Panucci non mette in discussione la possibilità di migliorare l’assetto attuale delle disciplina dell’azione di classe e però ne sottolinea alcune criticità. In particolare «il tema delle adesioni dei singoli all’azione giudiziaria dopo la sentenza di condanna dell’impresa, che credo non necessiti di particolari commenti; la retroattività delle nuove norme che, sebbene abbiano formalmente una veste processuale, sono destinate a produrre effetti anche sostanziali, visto che il perimetro soggettivo e oggettivo della class action viene notevolmente ampliato».

Per il direttore di Confindustria «sono questioni di portata generale e, credo di poter dire, di buon senso. Nonostante questo, durante il dibattito in Commissione Giustizia alla Camera l’unica forza politica che le ha sostenute, evidenziandone l’importanza per le imprese e per la tenuta complessiva del sistema-giustizia è stata Forza Italia». E, in un implicito appello a una Lega sinora silente: «Confidiamo che in Aula, data la rilevanza trasversale di questi temi per il mondo delle imprese, altre forze politiche, anche di maggioranza, possano condividerle e portarle avanti».

E la presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Sarti (M5S), ha dichiarato che la legge mette al centro gli interessi di tutti e comunque prevede anche filtri alle azioni temerarie.

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