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Il gestore della piattaforma online è un prestatore di servizi ai fini Iva

Per la Corte Ue il soggetto passivo che agisce in nome proprio ma per conto terzi partecipando a una prestazione di servizi, ha ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale

di Giorgio Emanuele Degani

La società che gestisce una piattaforma di intrattenimento online deve essere qualificata come prestatore dei servizi ai fini del pagamento dell’Iva. Ciò in quanto, nei casi di intermediazione nell’effettuazione dei servizi elettronici opera la presunzione di cui all’articolo 9 bis, regolamento di esecuzione Ue 282/2011, a mente della quale il soggetto passivo che interviene in una prestazione di servizi forniti tramite mezzi elettronici attraverso reti di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale come un mercato delle applicazioni, si presume agisca in nome proprio ma per conto del prestatore dei servizi.

Il caso

Nel caso di specie, una società gestiva una piattaforma online dove i “creatori” caricavano contenuti e i “fans” accedevano ai contenuti a pagamento. La società tratteneva una percentuale dei compensi dei creatori (20%) e su questa percentuale versava la relativa Iva. Secondo l’Autorità fiscale britannica, invece, la società doveva essere considerata come agente in nome proprio ai sensi dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione citato e, quindi, doveva pagare l’Iva sull’intera somma percepita e non solo sulla percentuale da essa trattenuta a titolo di compenso.

La società sosteneva che l’articolo 9 bis integrasse e modificasse il contenuto dell’articolo 28 della direttiva Iva 2006/112.

La Corte di giustizia Ue

La Corte ha invece confermato la validità di tale norma e la sua coerenza con la direttiva. Secondo i giudici, infatti, l’articolo 28 della direttiva Iva dispone che qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi a una prestazione di servizi, si ritiene che abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale.

Con specifico riferimento ai servizi elettronici, l’articolo 9 bis del regolamento di esecuzione 282/2011 stabilisce che ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva, se i servizi prestati tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in detta prestazione agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi, a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti. Ciò evidenzia che il suddetto articolo 9 bis sia conforme agli obiettivi della direttiva Iva in quanto consente l’applicazione uniforme dell’articolo 28 della stessa direttiva nello specifico caso dei servizi elettronici, senza modificarne o integrarne il contenuto.

La presunzione contenuta in tale articolo 9 bis, infatti, traspone la presunzione contenuta nell’articolo 28 della direttiva nel caso specifico dei servizi elettronici con l’obbiettivo di trasferire l’onere dell’Iva per le prestazioni di servizi in cui un soggetto passivo agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona. Infatti, quando un soggetto passivo, che interviene nella prestazione di un servizio tramite mezzi elettronici sfruttando, ad esempio, una piattaforma di social network online, ha il potere di autorizzare la prestazione di tale servizio, o la relativa fatturazione o anche di stabilire condizioni generali di tale prestazione, tale soggetto passivo ha la possibilità di definire, unilateralmente, gli elementi essenziali della prestazione. In tali circostanze, il soggetto passivo deve essere considerato il prestatore di servizi, ai sensi dell’articolo 28 della direttiva Iva.

I principi resi dalla Corte di giustizia appaiono, dunque, essere pienamente condivisibili, soprattutto in chiave di una regolamentazione sempre più incisiva dell’economia digitale.