Diritto

Crisi d’impresa, il curatore non diventa esperto nella composizione negoziata

Le linee guida del ministero della Giustizia sulle precedenti esperienze di ristrutturazione

di Giovanni Negri

Devono essere almeno due gli incarichi e le prestazioni rilevanti nel campo della ristrutturazione aziendale perché il dottore commercialista o l’avvocato possa essere iscritto nell’elenco degli esperti nella nuova procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa. Inoltre, quanto a tipologia di incarichi, si può andare dal commissario giudiziale all’advisor, declinato in varie figure, ma non è considerato sufficiente l’incarico di curatore. A chiarirlo è una circolare del ministero della Giustizia del Dipartimento affari di giustizia, dello scorso 29 dicembre.

La circolare interviene così a fornire le linee di indirizzo per chiarire meglio la natura della preparazione aziendale dell’esperto indipendente che, sottolinea il ministero, da una parte, deve sapere analizzare rapidamente la situazione dell’impresa per evitare l’avvio di trattative se non ci sono concrete prospettive di risanamento, e, dall’altra, deve possedere le conoscenze e la preparazione necessarie per garantire che le trattative siano costantemente finalizzate alla soluzione della crisi d’impresa.

In questa prospettiva allora, a dovere essere valorizzate sono nel dettaglio 7 tipologie di incarichi e prestazioni professionali, accomunate dalla conservazione e tutela del valore aziendale, in questo senso escludendo di considerare la figura del curatore.

A pesare sono invece il ruolo di commissario giudiziale e commissario straordinario di grandi imprese in stato di insolvenza; di attestatore; di gestore della crisi incaricato della ristrutturazione dell’impresa agricola; di 3 tipologie di advisor (in ambito fiscale in ambito giuslavoristico, in un contesto generale di redazione di piani di risanamento attestati, di piani in accordi di ristrutturazione del debiti, di convenzioni o accordi di moratoria con più creditori, di piani e proposte di concordati preventivi o fallimentari in continuità o misti); di incaricato in attività di amministrazione direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse positivamente.

Il numero minimo individuato dal ministero è di due incarichi, che andranno documentati, insieme con la visura camerale aggiornata della società nella quale il professionista ha prestato le relative attività.

Sull’assenza della figura del curatore si sono peraltro concentrate, in una nota congiunta, le critiche di Matteo De Lise (presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti) e Maria Pia Nucera (presidente dell’Associazione dottori commercialisti). «Non comprendiamo - si osserva -, per quale motivo sia stato escluso chi abbia esperienza come curatore fallimentare, considerata la specifica competenza sulla normativa che questi acquisisce nel trattare le crisi aziendali. Né si capisce perché l’sperienza da advisor risalente magari a dieci anni prima sia valida e quella da curatore ricoperta con maggiore frequenza e più di recente, no». A venire così penalizzati sono soprattutto i giovani professionisti.

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