Diritto

Società estera imputabile se il reato è in Italia

Anche quando l’ente non ha alcuna sede sul territorio nazionale

di Giovanni Negri

Va giudicata in Italia l’impresa straniera per violazione del decreto 231. Anche quando non ha sede o stabile organizzazione sul territorio nazionale, ma il reato presupposto è stato commesso in Italia. Lo afferma, al termine di una complessa ricostruzione interpretativa, la Cassazione con la sentenza n. 32899 della Quarta sezione penale. La pronuncia, con le motivazioni relative alla strage di Viareggio, si sofferma, tra l’altro, anche sulla imputabilità di alcune società, austriache e tedesche coinvolte a vario titolo nei fatti che il 29 giugno del 2009 costarono la vita a 32 persone.

La Corte, che in conclusione afferma l’insussistenza del reato a carico delle imprese straniere, afferma tuttavia la titolarità della magistratura italiana in caso contrario la conclusione sarebbe stata per l’improcedibilità dell’azione penale). Secondo le difese nel decreto 231 è assente, all’interno del decreto 231, una disciplina specifica da applicare al caso del reato commesso in Italia da società priva di strutture organizzative nel nostro Paese. A essere presa in considerazione è invece l’ipotesi opposta e cioè il caso di reati commessi all’estero da un ente con sede principale in Italia. Il che proverebbe l’assenza di giurisdizione del giudice nazionale.

Conclusione però respinta dalla Cassazione che invece sottolinea come centrale deve essere la considerazione del luogo in cui il reato è stato commesso. La responsabilità dell’ente è infatti configurata dal legislatore come dipendente da reato: soccorre in questo senso l’articolo 36 del decreto con il quale si stabilisce che il giudice penale competente a conoscere gli illeciti dell’ente è quello competente per i reati previsti anche a titolo di illecito amministrativo. Dove il riferimento è all’ormai assai lunga lista dei reati presupposti via via contemplati dal legislatore, con l’ultimo innesto di rilievo costituto da quelli tributari.

Tra le obiezioni delle difese, si è poi messo in evidenza come se l’ente è responsabile quando il compimento del reato è stata resa possibile dalla mancata osservanza di obblighi di direzione e vigilanza, allora il luogo di commissione dell’illecito amministrativo non può che essere individuato nel territorio dove la società incolpata ha costituito la sua sede amministrativa e le sue strutture organizzative e contabili. Le società senza sede in Italia si troverebbero nella oggettiva impossibilità di orientare la propria condotta organizzativa sulla base dei parametri richiesti. Non potrebbe quindi configurarsi una colpa organizzativa, non almeno nei termini richiesti dal decreto 231.

Per la Cassazione però la colpa di organizzazione non si identifica con l’assenza di un modello . Vale semmai il contrario, la corretta applicazione di un modello organizzativo è elemento che integra l’assenza di colpa di organizzazione. La mancanza di un modello articolato sulla base di quanto richiesto dalla disciplina nazionale non è allora, avverte la corte, di ostacolo all’esclusione della colpa organizzativa (e neppure l’accusa, specifica ancora la Corte, può limitarsi a dimostrare la mancanza adozione del modello) in tutti i casi in un’organizzazione attenta e diligente è dimostrata in altro modo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©