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La cessione delle quote di un’azienda agricola genera una plusvalenza tassata al 26%

Come alternativa alla tassazione del 26% la legge di Bilancio 2023 consente di rivalutare quote e terreni versando un’imposta sostitutiva del 16%

La domanda

Un’azienda agricola esercita l’attività come Sas. I soci sono tre: l’accomandatario, persona fisica, possiede il 48% delle quote ed è iscritto all’Inps come coltivatore diretto; un accomandante, persona fisica, possiede il 48% delle quote e il secondo accomandante è una società semplice agricola titolare del restante 4 per cento. La Sas svolge attività da soccidario di suini in regime di contabilità ordinaria, con tassazione Irap in capo alla società e Irpef in capo ai soci. Si ipotizza la vendita dell’intera Sas a un terzo soggetto operante nell’allevamento di bestiame, attraverso la cessione di tutte le quote da parte di ciascun socio. Tale cessione è soggetta a plusvalenza in capo ai soci cedenti le proprie quote? In caso di risposta affermativa, la trasformazione da Sas a società semplice e/o l’assoggettamento a regime fiscale forfettario delle aziende agricole (reddito di allevamento eccedenti il reddito agrario) potrebbe permettere la non assoggettabilità a plusvalenza?
E. C. - Perugia

La cessione di quote detenute da parte di persone fisiche e società semplici, a condizione che siano possedute al di fuori dell’attività di impresa, genera una plusvalenza, ricompresa tra i redditi diversi, e tassata in base al disposto degli articoli 67 e 68 del Dpr 917/1986, Tuir. Pertanto, la cessione genera una plusvalenza in misura pari alla differenza tra il corrispettivo pattuito per la vendita della partecipazione e il costo fiscalmente riconosciuto alla partecipazione stessa. Tale plusvalenza sarà soggetta a imposta nella misura del 26 per cento. Alternativamente all’applicazione del 26% sulla plusvalenza, in applicazione dei commi 107-109 della legge 197/2022, di Bilancio 2023, che ha riaperto i termini per la rivalutazione di quote e terreni, i soci possono rideterminare il valore della propria partecipazione mediante la redazione di una perizia asseverata che ne attesti il valore e attraverso il versamento di un’imposta sostitutiva in misura pari 16% del maggior valore determinato dalla perizia. La norma sulla plusvalenza derivante dalla cessione delle partecipazioni trova applicazione qualunque sia la forma della società oggetto di vendita. Di conseguenza, quand’anche la società si trasformasse in società semplice, oppure optasse per la determinazione catastale dei redditi, la cessione delle partecipazioni sarebbe oggetto della stessa tassazione sopra descritta. Inoltre, la trasformazione da società soggetta a reddito di impresa a società semplice comporta la fuoriuscita dal regime del reddito di impresa e la conseguente insorgenza di plusvalenze pari alla differenza tra il valore normale dei beni che costituiscono la società e il valore fiscalmente rilevante. In altre parole, in presenza di plusvalori latenti sui beni di impresa, la trasformazione in società semplice può risultare particolarmente gravosa e non risolve il problema dell’insorgenza di plusvalenze in caso di vendita delle quote.

Se l’oggetto del trasferimento non fossero le quote da parte dei soci ma fosse l’azienda da parte della società, allora le conseguenze fiscali sarebbero diverse in caso di società commerciale o società semplice. La prima delle due, infatti, determinerà delle plus e minusvalenze rilevanti ai fini del proprio reddito di impresa. Al contrario, se fosse la società semplice a cedere la propria azienda agricola, allora la plusvalenza derivante dalla cessione sarebbe ricompresa nella determinazione dei redditi fondiari e non sarebbero dovute imposte in capo ai soci. La cessione d’azienda, a differenza della cessione delle quote che sconta l’imposta di registro in misura fissa, è soggetta a registro in misura proporzionale variabile a seconda della natura dei beni costituenti l’azienda e pertanto risulta più onerosa per il cessionario.

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