Diritto

Nella composizione negoziata si rafforza la terzietà dell’esperto

Gli emendamenti elaborati dalla Giustizia non risolvono il problema dell’accesso

di Giovanni Negri

Nodo insolvenza per l’accesso alla nuova procedura di composizione negoziata, correzioni al concordato liquidatorio e agli accordi di ristrutturazione, precisazioni sui requisiti di indipendenza del professionista e di responsabilità degli organi di controllo interno. Dal ministero della Giustizia sono stati trasmessi ieri mattina in Senato gli emendamenti correttivi al Dl sulla crisi d’impresa. Gli emendamenti saranno ora valutati dai relatori e dalle commissioni Giustizia e Industria per il recepimento alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa per le elezioni amministrative, il prossimo 5 ottobre.

Quanto ai contenuti, da Giustizia vengono riformulate le condizioni di accesso alla composizione negoziata, cancellando il riferimento all’insolvenza per rendere la nuova procedura accessibile all’imprenditore che si trova «in stato di crisi o in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che la rendono probabile».

Dove la cancellazione del riferimento all’insolvenza sembrerebbe venire incontro alle preoccupazioni di chi, come Confindustria, lamentava lo scarso rigore dei requisiti, aprendo invece la strada anche a imprenditori in stato di insolvenza conclamata. Sarebbe così compromesso uno degli obiettivi del decreto legge, fornire alle imprese in difficoltà uno strumento nuovo che consenta di affrontare situazioni che, pur critiche, appaiono comunque temporanee e reversibili.

Tuttavia la relazione all’emendamento spiega la soppressione del riferimento all’insolvenza perché questo sarebbe già compreso nel concetto di crisi. Si chiarisce che si tratta di una modifica che consente alle imprese in stato di illiquidità reversibile di accedere alla composizione negoziata per ottenere il risanamento.

A rafforzamento della terzietà e indipendenza dell’esperto si introduce poi il divieto di intrattenere successivi rapporti professionali con l’imprenditore nei due anni che seguono all’archiviazione della composizione negoziata; si specifica che il professionista non può accettare più di due incarichi contemporaneamente. Sul versante della remunerazione si prevede che il compenso dell’esperto che ha seguito in maniera unitaria la procedura per più imprese appartenenti al medesimo gruppo tenga conto della percentuale di attivo di ciascuna impresa partecipante alla holding.

Nella documentazione da presentare al momento della domanda viene inserita una dichiarazione dell’imprenditore di non avere fatto ricorso al concordato preventivo o ad accordo di ristrutturazione. Non sarà più necessaria la presentazione del durc.

La dichiarazione poi, da parte dell’imprenditore che accede alla composizione negoziata, di avvalersi della sospensione degli obblighi di legge sul capitale non è soggetta a conferma da parte del tribunale: deve infatti essere considerata una misura concepita come strumento di aiuto all’impresa, è conseguente alla dichiarazione dell’imprenditore e ha effetto dalla pubblicazione della dichiarazione stessa nel registro delle imprese.

Puntualizzate le responsabilità dell’imprenditore nella gestione dell’azienda: quando, durante la composizione, emerge l’insolvenza, ma esistono concrete possibilità di risanamento, l’imprenditore deve procedere nel prevalente interesse dei creditori.

Altro versante delicato, quello del concordato liquidatori o, dove Confindustria spinge per il riconoscimento della percentuale del 20% di soddisfazione dei creditori chirografari, una maniera per evitare che lo strumento certo innovativo si presti a distorsioni a danno dei proverbiali fornitori. Però nelle modifiche suggerite trova posto invece un rafforzamento delle condizioni di accesso al concordato, riservato a chi durante le trattative ha conservato un atteggiamento di correttezza; proposta anche la suddivisione dei creditori in classi per dare maggiore flessibilità alla proposta di soddisfacimento formulata dall’imprenditore.

Infine, negli accordi di ristrutturazione a efficacia estesa, si puntualizza che la soddisfazione dei creditori deve essere garantita in misura non inferiore rispetto all’alternativa liquidatoria e cioè rispetto all’alternativa del fallimento.

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