Imposte

Sigarette, accise più alte: possibili aumenti di 10 cent

di Marco Mobili

Via libera agli aumenti di sigarette, sigari e tabacco trinciato per le bionde “fai da te”. Così come prevede la manovra correttiva dei conti pubblici approvata definitivamente dal Senato la scorsa settimana, l’aumento delle accise sui tabacchi dovranno garantire all’Erario maggiori entrate per 83 milioni di euro nel 2017 e per 125 milioni a decorrere dal 2018. Un aumento che, almeno nell’immediato, dovrebbe essere assorbito direttamente dalle multinazionali del tabacco. Saranno infatti i produttori a decidere se il maggiore onere fiscale chiesto dal Governo si debba trasformare o meno in un rincaro del prezzo di vendita al pubblico. Se questo dovesse accadere, per i tecnici del Mef, il maggior carico fiscale si potrebbe trasformare in aumenti per i fumatori in media fino a 10 centesimi a pacchetto.

Il decreto dell’Economia, cui la manovra correttiva ha affidato il compito di declinare gli aumenti dell’accisa sui tabacchi, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri ed entra immediatamente in vigore. E interviene su tutte le componenti della tassazione, dalla cosiddetta “incidenza” alla “specifica” fino all’onere fiscale minimo. La filosofia di fondo seguita dai tecnici dei Monopoli e del Mef è stata quella di redistribuire il nuovo carico fiscale su tutte le componenti e dunque con impatti per tutti i principali produttori. Nel disciplinare gli aumenti hanno utilizzato quasi tutto lo spazio di aumento che gli consentono le nuove regole di tassazione dei tabacchi introdotte nel 2014 con l’attuazione della delega fiscale (Dlgs n. 188), almeno per quanto riguarda l’onere fiscale minimo e le accise su sigari e sigaretti. Così, per esempio, l’aliquota di base applicata sulle sigarette è stata aumentata di 0,4 punti percentuali (dunque sotto il limite del 0,5% previsto dalla riforma) passando dall’attuale misura del 58,70 al 59,1 per cento.

Aumento dello 0,5%, invece, per la cosiddetta “specifica” , ossia la quota dell’accisa costituita dall’importo specifico fisso per unità di prodotto, pari ora al 10,5% (fino a ieri era del 10%) della somma dell’accisa globale e dell’Iva, calcolata con riferimento al cosiddetto prezzo medio ponderato. Aumento secco di 5 euro invece per l’onere fiscale minimo sulle sigarette che passa da 170,54 euro per Kg convenzionale a 175,54 euro, per l’accisa minima sui sigari e sigaretti che sale a 30 euro (prima era 25 euro) per Kg, nonché per l’accisa minima sul tabacco trinciato a taglio, quello per le sigarette “fai da te”, che sale a 120 euro, sempre al chilogrammo.

Gli aumenti fino a 5 euro e soprattutto del 0,5% della “specifica” non convincono soprattutto i produttori delle sigarette cosiddette di fascia bassa, con prezzi al pubblico sui 4 euro a pacchetto. Come spiega Valerio Forconi, responsabile Sud Est di Imperial Tobacco, proprietaria dei marchi Golden Virginia e cartine Rizla, «L’aumento della componente specifica è inspiegabile: infatti, ciò determina un calo di gettito e un aumento della marginalità per i brand venduti a prezzi alti». Il maggior gettito, per Forconi, poteva essere raggiunto riscrivendo, per esempio, la tassazione sulle sigarette elettroniche: «fino a oggi una tassa inapplicabile, pagata da pochissimi e che ha generato un gettito di appena 5 milioni rispetto agli 87 attesi».

Per i tecnici, invece, gli aumenti (se ci saranno) si spalmeranno su tutte le fasce di prezzi, posizionandosi nella media sui 10 centesimi a pacchetto da 20 sigarette, con alcune marche che vedranno aumentare i loro prodotti di circa 11/12 centesimi e altre, quelle di fascia alta come la Philip Morris, di 8/9 centesimi.

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