Contabilità

Manovra, sei tax credit potenziati e prorogati Il mercato è in affanno

Aiuti fiscali dalla proroga delle agevolazioni per il caro bollette a quella per le Pmi che si quotano, ma l’uso in compensazione resta difficile

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

La manovra di bilancio per il 2023 punta ancora sui crediti d’imposta, ma il mercato – in questo momento – fatica ad assorbirli. Con il rischio concreto che le imprese non riescano a sfruttare pienamente gli aiuti messi in campo dallo Stato sotto forma di sconto dalle imposte.

I tax credit prorogati

Nel disegno di legge ora all’esame della Camera ci sono sei categorie di crediti d’imposta potenziati e prorogati, che andranno ad arricchire la mole di agevolazioni nel portafoglio dei contribuenti.

Alcuni dei tax credit sono di nicchia, come quello riservato alle Pmi che sostengono costi di consulenza per quotarsi su un mercato regolamentato. O come quello per i privati che donano denaro per finanziare la manutenzione e il restauro di impianti sportivi pubblici o per realizzare nuove strutture sportive pubbliche.

Altri aiuti, invece, costituiscono la pietra angolare della manovra. È il caso dei due crediti d’imposta contro il caro bollette destinati alle imprese, che pesano 9,8 miliardi sui 35 totali stanziati dal Ddl di Bilancio. E, comunque, la cifra di 9,8 miliardi appare “sottovalutata”: nel quarto trimestre 2022, quando i bonus avevano percentuali inferiori, sono stati infatti stimati 12,6 miliardi.

Compensazioni e nuovi bonus

Quando un’impresa matura un credito d’imposta, ha due strade per sfruttarlo. La prima è spenderlo direttamente nel modello F24, per alleggerire il conto di imposte dirette, indirette, tributi locali e contributi (naturalmente, in base ai tempi di pagamento e rispettando le regole di utilizzo del bonus, spesso da spalmare su più anni).

La seconda strada è vendere il credito a un altro soggetto, tendenzialmente una banca, che poi lo cederà ad altri o lo compenserà in proprio. In questo caso il contribuente deve accettare un prezzo inferiore al valore nominale del bonus, ma può contare su un afflusso immediato di liquidità.

Gli ultimi dati sulle compensazioni segnalano un aumento dei crediti d’imposta che le aziende e gli autonomi hanno speso nei modelli F24 (sia usandoli in prima battuta, sia dopo averli acquistati da altri). Ma questo incremento sembra non portare traccia della mole gigantesca di tax credit generata dal superbonus, dagli altri bonus edilizi e dalle agevolazioni contro il caro bollette.

La Corte dei conti alla fine del 2021 ha registrato compensazioni per 68,6 miliardi di euro (+14% su base annua), di cui 11,6 miliardi derivanti da agevolazioni (+25% annuo). I dati del 2022 ricavabili dal Bollettino delle entrate tributarie permettono di allungare lo sguardo fino allo scorso mese di ottobre e lasciano prevedere che – per i soli tributi erariali – quest’anno si potrebbe raggiungere il record di 51,3 miliardi di compensazioni (+10,7 miliardi rispetto alle stesse voci del 2021).

Ma mercoledì scorso, 14 dicembre, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, rispondendo in question time alla Camera, ha avvertito che «l’ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro» per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, di cui 53,1 miliardi riferibili al superbonus e 24,8 miliardi al bonus facciate. Mentre pochi giorni prima i tecnici dell’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio) avevano segnalato che, su 7,6 miliardi di tax credit energia relativi ai primi tre trimestri del 2022, solo 3,8 risultano già impiegati nei modelli F24. Certo, i dati Upb sono aggiornati al 22 novembre; ma anche tra i crediti attualmente spendibili entro il 31 dicembre 2022 – cioè quelli maturati nel primo e secondo trimestre – la quota usata in compensazione risultava ferma al 63%: 2,7 miliardi su 4,2 disponibili.

Queste analisi non conteggiano dunque le pesanti scadenze fiscali degli scorsi 30 novembre (acconto di imposte sui redditi e Irap) e 16 dicembre (saldo Imu), né quella dell’acconto Iva in programma il 27 dicembre. Ma già si guarda con preoccupazione al 30 giugno 2023, tra poco più di sei mesi, quando dovrebbe scadere il termine per spendere il grosso dei tax credit energia generati nel 2022: quelli del terzo e quattro trimestre, che ammontano a ben 16 miliardi. Ecco perché un emendamento proposto al Dl Aiuti-quater 176/22 proposto dal governo e approvato in commissione Bilancio al Senato punta, tra l’altro, a spostare dal 30 giugno al 30 settembre 2023 l’utilizzo e la cessione di questi crediti. Mentre per i nuovi bonus contro il caro bollette, relativi al primo trimestre 2023, l’orizzonte è fissato al 31 dicembre 2023.

Rischio blocco e contromisure

L’impressione, insomma, è che una grossa fetta dei crediti d’imposta – di ogni origine – debba ancora essere compensata o sia ancora alla ricerca di un compratore.

Con il mercato bancario ingolfato dai bonus casa, il rischio è che i vecchi e nuovi tax credit contro il caro bollette restino per lo più sulla carta. Confindustria ha già lanciato l’allarme nei giorni scorsi, suggerendo alcuni correttivi: dalla possibilità di frazionare i crediti per ogni singolo periodo (così da poterne compensare una parte e cederne un’altra) fino all’allungamento dei tempi per la compensazione (che, come detto, viene in parte accolta nel Dl Aiuti-quater). Per le imprese è una corsa contro il tempo.

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