Controlli e liti

Impatriati anche al rientro dal distacco senza nuovo contratto di lavoro

La sentenza 1479/11/2022 della Ctp Milano: nessun riferimento nella norma agevolativa alla discontinuità sostanziale e formale tra il precedente rapporto di lavoro e quello successivo al rientro

di Giorgio Emanuele Degani

Gli incentivi fiscali ai lavoratori impatriati spettano anche se il richiedente, a seguito del rientro in Italia dopo un periodo di distacco all’estero, non stipuli con il datore di lavoro un nuovo contratto di lavoro. A stabilirlo è la sentenza 1479/11/2022 della Ctp Milano (presidente e relatore Di Rosa).

La pronuncia valorizza la ratio dell’agevolazione, ossia quella di favorire il rientro in Italia di lavoratori italiani che abbiano prestato all’estero la propria attività lavorativa; del resto, come rilevato dai giudici, la normativa non prevede quale requisito per l’accesso al regime la discontinuità formale e sostanziale fra il rapporto di lavoro svolto all’estero e quello esercitato al rientro in Italia, con ciò superando la prassi dell’agenzia delle Entrate.

Il caso

Un lavoratore dipendente con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, dopo un periodo di lavoro in Italia, veniva distaccato dal proprio datore di lavoro a beneficio di una società estera del gruppo sita in Austria. Successivamente rientrava in Italia mutando la propria mansione lavorativa senza stipulare un nuovo contratto di lavoro e chiedeva l’accesso al regime impatriati.

L’Ufficio negava l’applicazione del regime agevolativo, ritenendo che il mero «distacco» presso una società estera non permetteva l’accesso al beneficio. Ed infatti, dal punto di vista giuslavoristico, vi sarebbe una continuità sostanziale con la posizione lavorativa già in essere che non comporta l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, ma la mera prosecuzione del precedente.

Tale posizione è stata ampiamente ribadita dall’agenzia delle Entrate in plurimi documenti di prassi (circolare 33/20; risoluzione 76/18; circolare 17/17) confermando il diniego di accesso in caso di «distacco» per via della continuità con la precedente posizione lavorativa assunta prima dell’espatrio.

La decisione

La Ctp Milano, invece, ha correttamente rilevato che il regime impatriati, introdotto dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015, così come modificato dal decreto Crescita (Dl 34/2019), prevede unicamente quali requisiti per l’accesso che il lavoratore:

1) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato italiano in base all’articolo 2 del Tuir;

2) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno due anni;

3) svolga attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Si tratta degli unici requisiti espressamente indicati dalla lettera della norma: non vi è nell’articolo 16 Dlgs 147/2015 alcun riferimento alla discontinuità sostanziale e formale tra il precedente rapporto di lavoro e quello successivo al rientro. In altri termini, il legislatore non ha richiesto la stipula di un nuovo contratto di lavoro quale condizione necessaria per l’accesso al beneficio.

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