Controlli e liti

I chiarimenti chiesti dall’Agenzia non sempre differiscono i termini

L’ufficio ha più tempo solo se la risposta va inviata entro i termini ordinari

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Si può dire che i meriti – se così vogliamo definirli – della norma sull’abuso del diritto (articolo 10-bis dello Statuto del contribuente) sono principalmente dati dalle maggiori garanzie procedimentali concesse ai contribuenti. Ma anche su questo aspetto si annidano perplessità.

Il principale – che molti giudici di merito in questo momento fanno fatica a comprendere – è quello riferito alla dilatazione dei termini decadenziali.

Il comma 7 dell’articolo 10-bis prevede che la richiesta di chiarimenti circa l’operazione “potenzialmente” abusiva deve essere notificata al contribuente entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Il fatto è che poi viene stabilito che «tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni».

La previsione è indubbiamente un po’ oscura, ma una cosa è certa: la norma vorrebbe garantire l’effettività del contraddittorio. In sostanza, il senso della disposizione è quello di dare all’Agenzia un tempo credibile (60 giorni) per ponderare i chiarimenti forniti dal contribuente. Questo è il motivo per cui viene stabilito che se tra la data di ricevimento di tali chiarimenti (o di scadenza del termine per rispondere) e il termine di decadenza dell’azione accertatrice il lasso di tempo risulta inferiore a 60 giorni, si determina l’automatica proroga dei termini di accertamento.

Va però osservato che la norma dispone che il differimento si realizza quando, comunque, il termine per rispondere alla richiesta di chiarimenti viene a cadere entro la scadenza ordinaria del termine di accertamento. Non è possibile, in sostanza, che la richiesta di chiarimenti venga, ad esempio, notificata il 31 dicembre (tralasciando in questa sede le ultime vicende sul differimento al 26 marzo per i periodi d’imposta fino al 2018, su cui si rinvia al Sole 24 Ore del 21 marzo scorso) e che la stessa determini lo slittamento dei termini (a meno che il contribuente non risponda lo stesso giorno). Altrimenti, l’Agenzia finirebbe per fruire – in questo caso – di un differimento di 120 giorni.

Così che quando il termine per rispondere alla richiesta di chiarimenti viene a scadere dopo lo spirare dei termini decadenziali (e il contribuente non risponde entro tali termini, ma comunque nei 60 giorni), non si ha alcun differimento decadenziale a favore dell’amministrazione finanziaria. E ciò tutela (almeno in parte) il contribuente.

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