I temi di NT+Modulo 24

Abuso del diritto ed elusione, determinante il peso economico dell’operazione

Prevale rispetto alla classificazione formale secondo la Cassazione. La Suprema Corte ha ritenuto abusiva un’operazione di scissione immobiliare e successiva cessione delle quote

di Leo De Rosa e Alberto Russo

La Corte di cassazione con la sentenza del 22 settembre 2022 n. 27709 è intervenuta in ambito di abuso del diritto riguardo ad un’operazione di scissione di asset immobiliari con successivo trasferimento delle quote della beneficiaria e, accogliendo la ricostruzione dell’Amministrazione finanziaria, ha riqualificato l’operazione come assegnazione dei beni immobili al socio.

L’operazione oggetto della controversia consiste in una scissione parziale della società Alfa, avvenuta nel marzo 2005, con assegnazione di tutti gli immobili di cui era titolare a favore di una newco (Alfa Immobiliare). Più di due anni dopo la scissione alcuni dei beni immobili sono stati riacquistati da Alfa. Al riacquisto degli immobili faceva seguito la cessione di tutte le quote di Alfa Immobiliare al socio Tizio (e ad alcuni suoi familiari) che contestualmente cedeva tutte le proprie azioni in Alfa agli altri soci proporzionalmente alla loro quota di partecipazione. In questo modo Tizio, e i propri familiari, diventavano gli unici soci di Alfa Immobiliare.

L’agenzia delle Entrate aveva contestato l’abusività dell’articolata operazione in quanto aveva ritenuto che il risultato raggiunto dallo schema descritto (scissione e trasferimento di quote) avrebbe realizzato in sostanza un’assegnazione dei beni immobili al socio Tizio che, grazie alle suddette operazioni avrebbe conseguito un indebito risparmio d’imposta che non si sarebbe verificato in caso di assegnazione diretta degli immobili al socio.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha sposato la posizione dell’agenzia delle Entrate circa l’abusività dell’operazione descritta sostenendo che il risultato economico realmente perseguito dalle parti fosse l’assegnazione degli immobili al socio. La decisione si basa su diverse argomentazioni relative alla disciplina dell’abuso del diritto non del tutto condivisibili.

Per completezza va precisato che la norma anti abuso applicabile ratione temporis era l’articolo 37-bis, Dpr 600 del 1973.

I principi espressi nella sentenza sono i seguenti:

• in materia di abuso del diritto grava sull’amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare l’esistenza di un disegno elusivo e le modalità di realizzazione mentre il contribuente è tenuto a dimostrare l’esistenza di valide ragioni economiche che giustifichino le operazioni;

l’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente ha una valenza interpretativa anche per le controversie nate sotto la previgente norma antielusiva;

in caso di elusione fiscale si ha la prevalenza della sostanza economica dell’operazione sulla formale denominazione negoziale adottata ai fini della qualificazione giuridica della fattispecie tributaria;

l’agenzia delle Entrate non ha l’onere di dimostrare che il disegno elusivo fosse preordinato ex ante rispetto al compimento di tutti i negozi e i fatti giuridici che realizzano la fattispecie.

Analisi dei principi espressi dalla sentenza

Riguardo ai primi due principi richiamati, la ripartizione dell’onere della prova e l’utilizzo in chiave interpretativa dell’articolo 10-bis, per quanto non si tratti di novità introdotte della sentenza è comunque apprezzabile che questi siano stati ribaditi e confermati. Considerato che la normativa antiabuso applicabile ratione temporis è l’articolo 37-bis, Dpr 600/1973 la Corte ha correttamente affermato che l’amministrazione finanziaria era tenuta a dimostrare il disegno elusivo e le modalità di alterazione degli schemi negoziali e non ha esteso l’onere probatorio alla dimostrazione del carattere indebito ed essenziale vantaggio fiscale oltre che l’assenza di sostanza economica delle operazioni. Di contro il contribuente è tenuto a dimostrare le valide ragioni economiche che giustificano l’operazione.

Risulta positivo anche il richiamo, quale canone interpretativo per le contestazioni di abuso del diritto all’articolo 10-bis, anche nelle ipotesi in cui la contestazione sia stata effettuata nella vigenza del precedente articolo 37-bis. Ciò è importante in quanto ancora per diversi anni la Cassazione sarà chiamata ad esprimersi su controversie nate quando la norma antielusiva era l’articolo 37-bis.

Passiamo ad affrontare le note dolenti della sentenza.

I giudici in più punti fanno riferimento alla prevalenza dell’effetto economico delle operazioni su quello giuridico per considerare l’operazione posta in essere come abusiva.

Questo principio, seppur possa applicarsi al caso di specie stante la documentazione rinvenuta in sede di verifica, non può assumere carattere generale in quanto al fine di determinare se vi sia elusione fiscale l’operazione alternativa individuata dall’amministrazione finanziaria come più aderente ai risultati giuridico-economici perseguiti dal contribuente deve essere perfettamente sovrapponibile a quella ritenuta elusiva e condurre, quindi, ai medesimi risultati sia giuridici che economici e non può essere data enfasi solo a questi ultimi.

Il recesso del socio mediante assegnazione degli immobili non può ritenersi perfettamente sovrapponibile né da un punto di vista economico né giuridico allo schema in discussione che ha visto gli immobili confluire in un’altra società di cui Tizio è socio.

Infatti, il titolare di azioni (o quote) non può ritenersi in alcun modo perfettamente parificato al proprietario di un immobile. Essere soci di una società titolare di uno o più immobili è cosa ben diversa dall’essere l’effettivo proprietario del bene. La titolarità della partecipazione non permette al socio di esercitare i diritti di proprietà sui beni sociali (ad esempio, non può affittare o ipotecare l’immobile, non gli possono essere addebitati gli oneri connessi al bene quali le imposte o le spese di manutenzione o eventuali obblighi di risarcimento).

Appare evidente, quindi, che la scissione avente ad oggetto un immobile non può, neanche da un punto di vista degli effetti economici, essere equiparata all’assegnazione del bene al socio in quanto la proprietà diretta di un bene ha effetti molto diversi e più estesi della titolarità mediata attraverso una società, a maggior ragione se questa società è riconducibile ad una pluralità di soci portatori di interessi diversi tra loro.

Non è condivisibile neanche il principio secondo cui l’amministrazione finanziaria non è tenuta a provare che lo scopo di conseguire un indebito risparmio di imposta debba sussistere fin dall’origine e non possa essere sopravvenuto. Infatti, il lasso temporale intercorso tra le varie condotte poste in essere non può essere ignorato e il trascorrere del tempo tra le varie operazioni interrompe il nesso causale tra le stesse e dovrebbe far venir meno la possibilità di una contestazione di elusività.

Una serie di condotte, se poste in essere in un lasso di tempo ristretto, possono portare a ritenere che fossero inserite in un medesimo disegno posto in essere al solo fine di eludere le imposte ma nel momento in cui passano anni tra le varie operazioni l’amministrazione finanziaria non può non considerare gli eventi che sono intervenuti nel corso del tempo ed hanno portato i contribuenti a porre in essere condotte che, probabilmente, non erano originariamente previste.


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