Imposte

Flat tax degli autonomi, l’aumento a 85mila euro destinato a pochi

Si valuta che il costo della misura sia al di sotto dei 400 milioni. Penalizzati professionisti e lavoratori con investimenti e dipendenti

di Andrea Dili

In Italia quando si parla di riforma fiscale solitamente il dibattito viene monopolizzato dai modelli di imposizione sui redditi delle persone fisiche. Il che è comprensibile considerando che l'Irpef rappresenta la principale imposta con cui viene realizzato il principio di progressività e che essa, da sola, genera circa il 40% delle entrate tributarie erariali.

Non stupisce, quindi, che la presentazione del disegno di legge di bilancio 2023, che prevede interventi sul regime forfettario e una nuova imposta sostitutiva sui redditi incrementali realizzati dalle persone fisiche con partita Iva, abbia riacceso la disputa tra sostenitori e oppositori della cosiddetta flat tax.

In particolare, ancora una volta, la contrapposizione è tra chi ritiene che l'innalzamento del limite dei ricavi/compensi annui per accedere al forfettario a 85mila euro favorisce eccessivamente autonomi e professionisti rispetto ai lavoratori dipendenti e chi, al contrario, sostiene che il regime forfettario contribuisce a riequilibrare un sistema che privilegia i dipendenti.

L'attuale modello di imposizione sui redditi delle persone fisiche, comprendendo in esso sia l'Irpef che la miriade di imposte sostitutive varate nel corso degli anni, è ormai viziato dalla persistente violazione del principio di equità orizzontale. Tant'è che, per effetto di una serie di variabili che di volta in volta penalizzano o favoriscono determinate categorie di contribuenti, il carico fiscale può risultare molto diverso anche per soggetti che producono il medesimo reddito.

Ad esempio, a 20mila euro di reddito un lavoratore dipendente deve versare un'imposta pari a 2.058 euro, contro 3.928 di un lavoratore autonomo e 3mila di un soggetto in regime forfettario; mentre a 50mila euro di reddito un contribuente Irpef (dipendente o autonomo) subisce un carico fiscale quasi doppio rispetto a quello di un contribuente forfettario (14.400 euro contro 7.500). Tant'è che in un contesto così frammentato sembra avere poco senso affermare apoditticamente che i dipendenti siano favoriti rispetto agli autonomi o viceversa. Peraltro, se si volesse considerare anche la componente contributiva (sia di natura previdenziale che assistenziale), che per le persone fisiche in partita Iva viene regolata secondo una pluralità di regimi, occorrerebbe partire dal medesimo punto di origine, ovvero dal costo della prestazione in capo al committente.

Rimanendo in ambito fiscale, inoltre, occorre considerare anche l'effetto delle addizionali regionali e comunali, che vengono scontate dai contribuenti Irpef ma non dai soggetti che si avvalgono dei regimi sostitutivi.

Ovviamente, la violazione del principio di equità orizzontale non è da ascrivere alle norme della legge di bilancio 2023, che si limitano a rafforzare un processo in corso già da molti anni e caratterizzato, in buona sostanza, da due linee di indirizzo:

da un lato il progressivo “svuotamento” dell'Irpef, con la sottrazione di imponibile a favore di una pluralità di regimi sostitutivi;

dall'altro l'attribuzione di bonus (ora detrazioni) a favore dei soli lavoratori dipendenti.

Politiche che più che badare alla razionalità e all'equità del sistema hanno premiato di volta in volta le diverse categorie di contribuenti.

In tale contesto le novità introdotte dalla nuova legge di bilancio non sembrano certo una rivoluzione copernicana: in particolare l'ampliamento del regime forfettario, dovuto all'elevazione del limite dei ricavi/compensi annui da 65mila a 85mila euro, riguarderà una parte minimale dei contribuenti Irpef (a regime dovrebbe avere un impatto finanziario inferiore a 400 milioni annui) e sarà scelto soltanto dai soggetti con strutture “leggere”, caratterizzate da bassi costi e scarsa propensione agli investimenti. Apprezzabile, e in linea con la direttiva UE 2020/285, la scelta di far cessare il regime forfettario dall'anno stesso in cui i ricavi/compensi superano l'ammontare di 100mila euro.

A oggi, infatti, la norma consentirebbe di beneficiare del forfettario anche su ricavi/compensi milionari, considerando che il regime cessa dall'anno successivo a quello di superamento del limite.

È una assoluta novità, invece, la cosiddetta flat tax incrementale ovve,ro una imposta sostitutiva di Irpef e addizionali con aliquota proporzionale del 15% su una base imponibile determinata come differenza tra il reddito d'impresa o di lavoro autonomo realizzato nel 2023 e il reddito (della stessa natura) d'importo più elevato conseguito tra il 2020 e il 2022, e comunque non superiore a 40mila euro meno il 5% del predetto reddito più elevato.

Si tratta di misure che, per quanto riguarda il lavoro autonomo, rafforzano la frammentazione del mercato dei servizi professionali, disincentivando l'aggregazione in strutture specializzate e multidisciplinari, capaci di fornire servizi a più alto valore aggiunto e più orientate agli investimenti. In altre parole la politica del “piccolo è bello”.

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