Imposte

Procedure concorsuali con nota di variazione non di sola Iva

Le Entrate a Telefisco hanno precisato anche che, in caso di concordato, l’importo di inizio procedura non può superare l’80% di quello fatturato

In caso di procedura concorsuale la nota di variazione non può essere di sola Iva e nel caso di concordato l’importo, ad inizio di procedura, non può superare l’80% dell’importo fatturato. Questi alcuni dei chiarimenti forniti, in materia di note di variazione dall’agenzia delle Entrate, a Speciale Telefisco.

Dopo aver ricordato che l’articolo 18 del decreto Sostegni-bis ha modificato le disposizioni contenute nell’articolo 26 Dpr 633/72, introducendo il comma 3-bis, per consentire al cedente/prestatore, che non abbia percepito il corrispettivo dal cessionario/committente assoggettato a procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 compreso, di non dover più attendere la conclusione delle stesse per poter recuperare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in diminuzione del corrispettivo non percepito (imponibile ed imposta), l’Agenzia ha ricordato che la nota di variazione in diminuzione del corrispettivo può essere emessa già a partire dalla data in cui il cessionario/committente è assoggettato ad una procedura concorsuale. Fermo restando ciò, la prima precisazione riguarda le ipotesi di concordato preventivo, già oggetto della circolare 20/E del 2021, in cui è stato indicato che relativamente agli importi che potranno essere oggetto di variazione, a differenza delle altre procedure concorsuali, la parte dei corrispettivi fatturati dai creditori che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti a detta procedura è individuata in modo specifico fin dal decreto di ammissione, in forza della peculiare disciplina prevista dalla legge fallimentare. In particolare, la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari.

Il dubbio era relativo alla possibilità, per il creditore, di poter procedere con l’emissione di una nota di variazione per l’intero credito e poi, in caso di soddisfazione di parte dello stesso (anche in misura differente rispetto a quanto indicato nel decreto) procedere all’emissione di una nota di debito per la parte soddisfatta, ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 26 del decreto Iva. L’Agenzia conferma che il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura, e non per l’intero credito non riscosso. Altro chiarimento importante riguarda il fatto che la nota di variazione deve essere emessa per variare, in tutto o in parte, il corrispettivo non incassato, non potendo essere emessa, con specifico riferimento alle procedure concorsuali, una nota di variazione per la sola imposta, consentita solo laddove si configuri una errata applicazione dell’aliquota.

Qualora quindi la procedura decida comunque di registrare la nota di variazione e di iscrivere al passivo il creditore solo per la parte relativa all’imponibile e non per l’imposta, iscrivendo quindi al passivo solo «la parte relativa all’imponibile» (sulla base di un titolo ritenuto idoneo dal punto di vista civilistico), il creditore che sia soddisfatto in tutto o in parte del proprio credito, dovrà emettere una nota di variazione in aumento ripartendo proporzionalmente la somma incassata tra imponibile ed imposta. In tal senso si è già espressa la prassi, sebbene, specularmente, con riferimento alla nota di variazione in diminuzione (risposta 801/2021).

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