Controlli e liti

TELEFISCO Per l’Irap niente raddoppio dei termini

di Laura Ambrosi

L’applicabilità del raddoppio dei termini alle violazioni in materia di Irap ha da sempre creato contrasti tra contribuenti e Agenzia. Gli uffici, infatti, pare applichino in via automatica il raddoppio in presenza di una denuncia penale, senza alcuna deroga quando la contestazione riguardi l’Irap.

Le fattispecie dei reati tributari previste dal Dlgs n. 74/2000 riguardano solo i casi delle imposte sui redditi e sull’Iva, con la conseguenza che fin dall’introduzione dell’istituto del raddoppio si è posto il dubbio sulla possibile estensione all’Irap. La normativa di riferimento (articolo 25 Dlgs n. 446/1997) rinvia per le attività di accertamento alle disposizioni sulle imposte sui redditi, senza alcuna espressa esclusione all’articolo 43 Dpr n. 600/1973.

Questa norma, infatti, nel disciplinare i termini di decadenza del potere di accertamento (conseguentemente validi anche per l’Irap) fino al periodo di imposta 2015, prevedeva che ove fosse stata contestata una violazione che comportasse l’obbligo di denuncia per uno dei reati tributari (Dlgs n. 74/2000), i termini erano raddoppiati. Qualche isolata pronuncia, per il mero rinvio effettuato dalla norma ai criteri di accertamento delle imposte dirette, aveva ritenuto corretto l’allungamento dei termini (in tal senso Ctp Massa Carrara n. 74/1/11). Era pertanto inconferente che la contestata violazione ai fini Irap non avesse alcun rilievo penale, poiché era dato rilievo solo ai termini previsti per le imposte dirette (Ctp Bergamo n. 137/13 e Ctr Milano n. 2573/2015).

La giurisprudenza maggioritaria, invece, confermata anche recentemente (Cassazione n. 20435/2017, 26311/2017, 23629/2017), ha escluso il raddoppio per le violazioni Irap poiché non possono avere rilevanza penale. Secondo i giudici di legittimità il maggior termine per l’accertamento deve avere come necessario presupposto la commissione di un reato, elemento mai configurabile nel caso dell’Irap. A ciò consegue che non è possibile l’applicazione del raddoppio.

Da ultimo la Cassazione (n. 1428/2018) ha altresì escluso una diversa interpretazione, poiché di fatto risulterebbe estensiva, atteso che la norma espressamente è riferibile solo ad imposte dirette ed Iva. Ciò peraltro comporterebbe anche una violazione del divieto di analogia in materia penale, tutelato dalla Costituzione (articolo 25 comma 2).

Da rilevare poi che nonostante gli uffici spesso invochino il raddoppio anche per l’Irap, la stessa amministrazione finanziaria a livello centrale ha da tempo precisato (circolare 154/E/2000) che sono escluse dalla fattispecie criminose del Dlgs n. 74/2000 le dichiarazioni ai fini Irap, con la specificazione che anche nel caso di dichiarazione presentata in forma unificata, acquistano rilievo ai fini penali solo le violazioni in materia di imposte dirette ed Iva.

Va peraltro segnalato che nella circolare 1/2018 della Guardia di Finanza è stato chiaramente escluso il raddoppio all’Irap, poiché è precisato che la proroga opera solo per i reati in materia di imposte sui redditi ed Iva, non già con riferimento alle fattispecie tributarie diverse da quelle contemplate dal decreto n. 74/2000.

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