Imposte

Credito d’imposta pari al 50% del saldo Imu per le imprese turistico ricettive

Arriva l’autorizzazione di Bruxelles. Requisiti rigidi sugli immobili. Il nodo della coincidenza tra proprietari degli immobili e gestori dell’attività

di Francesco Giuseppe Carucci e Gian Paolo Ranocchi

Con la formalizzazione dell’autorizzazione della Commissione europea (n. C(2022) 4363 final del 21 giugno scorso) prende il via l’ultimo bonus Imu varato con l’articolo 22 del decreto legge 21/2022.

L’aiuto, trattato anche nel corso di Telefisco del 15 giugno scorso, si concretizza in un credito d’imposta pari al 50% dell’Imu versata a titolo di saldo 2021 e interessa le imprese turistico-ricettive (comprese le imprese agrituristiche, che gestiscono strutture ricettive all’aria aperta, del comparto fieristico congressuale, termale e dei parchi a tema).

Il bonus è vincolato a requisiti piuttosto rigidi centrati sugli immobili gravati dall’Imu. In particolare si deve trattare di:

i) immobili rientranti nella categoria catastale D2;

ii) presso i quali è gestita l’attività ricettiva;

iii) di proprietà dei gestori delle attività esercitate che devono anche presentare (le attività) un calo del fatturato o dei corrispettivi nel secondo semestre 2021 di almeno il 50% rispetto al corrispondente periodo del 2019.

L’aspetto più critico attiene al requisito della coincidenza tra proprietari degli immobili e gestori dell’attività che rende dubbia la decodifica di tale correlazione.

L’articolo 22 richiama i soggetti «proprietari» degli immobili precisando che gli stessi debbano essere anche i «gestori» diretti dell’attività. È da ritenere che tale collegamento non debba tradursi necessariamente su un’analisi di tipo personale, ma vada approcciato sul piano sostanziale. Una società di capitali caratterizzata da una propria autonomia (patrimoniale e giuridica), proprietaria di un immobile D2 e che conduce direttamente nello stesso immobile una delle attività previste dall’articolo 22, “gestisce” l’attività e quindi, in presenza del requisito del calo del fatturato, è da ritenere possa avere diritto al credito d’imposta in questione. A prescindere dalle attività svolte personalmente dai soci della stessa società.

Diverso, invece, sembra il caso della dissociazione giuridica tra il soggetto proprietario dell’immobile e chi gestisce l’attività. È il caso dell’immobile di proprietà privata del socio della società di capitali che detiene (la società) lo stesso immobile (a prescindere dal titolo di possesso) per la gestione diretta dell’attività. In questo caso è difficile sostenere una tesi sostanzialista volta ad allargare la fruibilità del bonus, dato il tenore letterale della norma. Discorso diverso si può configurare quando, nelle stesse condizioni sopra rappresentate, questa dissociazione riguarda la posizione di un socio (proprietario dell’immobile) di una società di persone (che gestisce l’attività nello stesso immobile). Le società di persone, infatti, sono prive di personalità giuridica per cui in questo caso appare sostenibile la tesi della coincidenza tra soggetto passivo d’imposta e gestore dell’attività e quindi il bonus è da ritenere possa comunque competere (si veda il Sole 24 Ore del 12 giugno 2021).

Il riferimento della norma ai «proprietari» degli immobili rende dubbia la fruizione dell’agevolazione per coloro che, ad esempio, detengono gli immobili D2 in forza di un contratto di leasing. Il problema analogo verificatosi con le prime esenzioni Imu disposte per la pandemia fu risolto con l’articolo 9-ter del Dl 137/2020 precisando che le relative disposizioni valessero per la generalità dei soggetti passivi Imu.

Il credito d’imposta sarà accessibile presentando preventivamente un’apposita autodichiarazione all’agenzia delle Entrate secondo le modalità ed entro i termini che saranno stabiliti da un apposito provvedimento.

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