Controlli e liti

L’indicazione stradale per le Poste non è pubblicità

Non si applica l’imposta sul cartello stradale apposto nel piccolo comune per raggiungere il più vicino ufficio postale

di Marco Ligrani

L’applicazione dell’imposta sulla pubblicità a ogni forma di comunicazione (articolo 5, Dlgs 507/93) è formulazione senz’altro ampia, ma non a tal punto da farvi rientrare anche l'indicazione stradale per raggiungere l'ufficio postale più vicino. Ad affermarlo è la Ctr Lombardia 1885/20/2021 (presidente Malaspina e relatore Chiametti), la quale ha rigettato l'impugnazione proposta da una società di riscossione che riteneva erroneo il verdetto di primo grado.
La vicenda prende le mosse da un accertamento notificato a Poste Italiane, con il quale si pretendeva il pagamento dell'imposta su un cartello riportante una freccia direzionale, che indicava agli abitanti di un piccolo comune del pavese dove si trovasse l'ufficio postale. Secondo la società di riscossione si trattava, a tutti gli effetti, di pubblicità e, per questa ragione, a suo dire era dovuto il tributo.Poste Italiane, tuttavia, contestava la pretesa, nel presupposto che la freccia direzionale non rappresentasse alcuna forma di pubblicità, ma fosse solo funzionale – se non, addirittura, necessaria – a indicare l'ubicazione dell'ufficio postale.
La commissione di primo grado accoglieva il ricorso e la società di riscossione proponeva appello, nei confronti del quale Poste Italiane non spiegava difesa. La Ctr, dopo avere esaminato la documentazione allegata al fascicolo, ha precisato che la freccia stradale monofacciale, riportante la scritta «Poste Italiane», non ha alcuna valenza di messaggio pubblicitario. Al contrario, secondo i giudici lombardi si tratta di un’insegna funzionale a fornire alla collettività le informazioni utili a individuare l'ufficio postale, che in un piccolo paese di provincia consentono, peraltro, di decongestionare il traffico cittadino.
La freccia rappresenta, dunque, un servizio civico a tutti gli effetti e, pertanto, rientra nelle indicazioni stradali o insegne di esercizio, come tali escluse dall’imposta sulla pubblicità.
Va evidenziato, tuttavia, che la Cassazione si è dimostrata di diverso avviso, avendo ritenuto imponibili le insegne, ubicate in un centro abitato, che indicano la direzione per raggiungere un terminal, escludendone la funzione di mere indicazioni stradali. In particolare, con sentenza 29089/2018 la Corte, accogliendo un ricorso della stessa società concessionaria, ha precisato che anche i segnali di indicazione (inclusi quelli recanti informazioni necessarie o utili per la guida e la individuazione di località, itinerari, servizi e impianti), ove racchiudano il riferimento nominativo a una determinata ditta, svolgono, per la loro sostanziale natura di insegne, anche una funzione pubblicitaria, come tale tassabile ai sensi dell’articolo 5, Dlgs 507/93.
Pertanto, ha concluso la Cassazione, l’esistenza di un’utilità per la circolazione stradale non ne esclude l’idoneità pubblicitaria e il suo assoggettamento all'imposta, per il quale non è necessario che ricorra la finalità esclusiva di pubblicità o una volontà propagandistica.

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