Imposte

Bonus sui lavori edilizi, prima cessione parziale ancora da sdoganare

Per legge il divieto di trasferimento parziale scatta solo dopo la prima opzione

di Giorgio Gavelli

Può una persona fisica che ha maturato – poniamo – una detrazione di 45mila euro per lavori di ristrutturazione in casa (ex articolo 16-bis, comma 1, lettera b, del Tuir) utilizzarne in dichiarazione, ad esempio, 25mila euro e cederne a terzi i restanti 20mila euro? Oppure può cedere le due tranche di detrazione a due soggetti diversi, per ipotesi, un fornitore e una banca? Queste domande (ovviamente non riferite alla cosiddetta “cessione delle rate residue”, sempre possibile) dovrebbero apparire, a più di due anni dal varo dell’articolo 121 del Dl 34/2020, talmente banali da avere una risposta scontata ma, a ben vedere, così non è.

Chi nutre perplessità nel confermare la legittimità del comportamento fa notare come la lettera b) del comma 1 dell’articolo 121 («cessione di un credito d'imposta di pari ammontare» alla detrazione spettante) sia scritta in modo diverso dalla precedente lettera a) che disciplina lo sconto in fattura («fino ad un importo massimo pari al corrispettivo»), tanto che fin dalla circolare 24/E del 2020 l’Agenzia ha proposto numerosi di esempi di “sconto parziale” con detrazione diretta o cessione della quota residua, ma mai di cessione parziale o a più soggetti. E anzi, con l’interpello 279/2022 le Entrate hanno disegnato un (inedito) vincolo “per intervento”, affermando che «il credito cedibile è calcolato sul totale delle spese sostenute nell’anno per ciascuno degli interventi, così come contraddistinti dai codici indicati nella tabella riportata nelle istruzioni al modello di comunicazione dell’opzione», concetto ripreso dalla circolare n. 23/E/2022 (par. 5, pag. 92) ed esteso alle detrazioni derivanti da spese sostenute in anni diversi e a quelle rivenienti da differenti Sal.

Tuttavia, molti ritengono questi elementi assai più deboli di altri. In primo luogo, il comma 1-quater dell’articolo 121 prevede che «i crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni di cui al comma 1, lettere a) e b), non possono formare oggetto di cessioni parziali successivamente alla prima comunicazione dell’opzione», imponendo così un preciso vincolo solo dalla seconda cessione in poi (o la prima se il fornitore ha concesso lo sconto). In secondo luogo, la stessa circolare 19/E/2022 (par. 4.2, pag. 23) fa intendere che la prima comunicazione di opzione può prevedere una cessione parziale, mentre i vincoli al “frazionamento” nascono con le cessioni successive. Alla stessa conclusione si giunge leggendo tra le righe la risposta ad interpello 358/2022, dove si dice che «la normativa di riferimento applicabile al caso di specie, non sembra disporre alcun divieto alla cessione parziale del credito».

Poiché riteniamo sia difficilmente giustificabile un trattamento differenziato in quest’ambito tra le due opzioni “parallele” della cessione e dello sconto in fattura, ci attendiamo una conferma della correttezza della “tesi positiva”, per la tranquillità dei tanti soggetti che hanno già posto in essere tale comportamento.

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