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Le rimanenze finali di commesse infrannuali terminate vanno contabilizzate tra i costi

Quando la commessa è in corso, invece, i costi vanno “neutralizzati”, ai fini fiscali, tra le rimanenze in base a quanto stabilito dall’Oic 23.

di Cristina Odorizzi

La domanda

Come devono essere valorizzate le rimanenze finali di commesse infrannuali, iniziate e terminate nello stesso anno, relative a un’impresa di costruzioni? Si tratta di materie prime, sfridi e prodotti finiti non impiegati nella lavorazione delle commesse.
È corretto sostenere che se l’azienda non ha commesse in corso al 31 dicembre, non ha neanche rimanenze finali?
P.P. – Salerno

In primo luogo si specifica che il termine «commesse» si riferisce in tale contesto ai lavori in corso su ordinazione, che possono essere definiti processi produttivi, conseguenti alla stipulazione di contratti con la clientela per la costruzione di beni o per la prestazione di servizi che alla fine dell’esercizio sono ancora in svolgimento. In questo senso è il principio contabile Oic 23 che individua le condizioni perché si rientri in tale fattispecie giuridica.
Ciò posto, le rimanenze finali di commesse infrannuali, se ancora in corso a fine esercizio, vanno valorizzate, ai fini fiscali, in base all’articolo 92, comma 6 del Dpr 917/1986 (Tuir), il quale obbliga a esporre, ai fini fiscali, un valore di rimanenze degli stessi pari alle spese sostenute nell’esercizio.
Tecnicamente si definisce come «criterio della commessa completata» che implica che la rilevazione del ricavo di tale opera rientra nell’esercizio in cui è ultimata mentre nell’esercizio precedente, tutti i costi sostenuti per la medesima prestazione devono essere “neutralizzati” come se non fossero stati sostenuti. A ciò si provvede generando una voce di ricavo sotto forma di rimanenza finale.
Il principio contabile Oic 23 descrive quali tipologie di costi sono da considerare nel determinare le rimanenze finali di commesse infrannuali.
I costi di commessa includono:
O i costi direttamente riferibili alla commessa (costi diretti);
O i costi riferibili all’intera attività produttiva e ripartiti, per imputazione, sulle singole commesse (costi indiretti);
O ogni altro costo addebitabile al committente sulla base delle clausole contrattuali.
I costi diretti, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, comprendono: costi dei materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera; costi della manodopera (nel caso di opere realizzate in uno specifico cantiere, tali costi includono tutta la manodopera di cantiere, incluso il personale direttivo e quello addetto ai servizi generali); costi dei subappaltatori; spese del trasferimento di impianti e di attrezzature al cantiere; costi per l’impianto e lo smobilizzo del cantiere; ammortamenti dei macchinari impiegati; costi di locazione di impianti e macchinari; royalty per brevetti utilizzati per l’opera; costi per fidejussioni e assicurazioni specifiche; costi di progettazione e per studi specifici.
Ciò posto, è corretto affermare che se le commesse risultano chiuse entro il 31 dicembre, essendo completate e avendo dato luogo a ricavi, le stesse non figurano a rimanenza finale. Eventuali sfridi o prodotti finiti non impiegati nelle commesse - e non più riutilizzabili non avendo valore recuperabile - non possono essere inclusi nelle rimanenze di materie a fine esercizio e costituiranno di fatto un costo della commessa.

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